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Paura alla Scala

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Paura alla Scala fu pubblicato per la prima volta in quattro puntate e come romanzo breve tra l'ottobre e il novembre del 1948 su L'Europeo diretto da Arrigo Benedetti. Il racconto è una sorta di parabola in cui si rappresenta la paura di una rivolta "rossa" che aveva attanagliato la borghesia milanese, successivamente all'attentato a Togliatti. Non molti racconti di Buzzati hanno una connotazione storico-sociale, Paura alla Scala è uno di questi; comunque sia lo stile dello scrittore è sempre lo stesso e non viene a confondersi con i modelli neorealisti molto in voga all'epoca. ( Wikipedia)

287 pages, Paperback

First published January 1, 1948

9 people are currently reading
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About the author

Dino Buzzati

278 books1,097 followers
Dino Buzzati Traverso (1906 – 1972) è stato uno scrittore, giornalista, pittore, drammaturgo, librettista, scenografo, costumista e poeta italiano.

Dino Buzzati Traverso was an Italian novelist, short story writer, painter and poet, as well as a journalist for Corriere della Sera. His worldwide fame is mostly due to his novel Il deserto dei Tartari, translated into English as The Tartar Steppe.

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Displaying 1 - 15 of 15 reviews
Profile Image for Carmine R..
626 reviews91 followers
October 10, 2021
L'attesa dell'attesa

"Deserta è la strada, nessuno compare laggiù, nessun'eco di galoppo lontano, e inutile sarebbe aspettare. C'è ancora nell'aria un'aspettazione cupa e profonda.
Morta è dunque la vecchia storia dentro di me, senza che ne ne accorgessi; rimasta rotta a metà; e oggi è tardi per ricominciare."


“Vorrei che tu venissi da me in una sera d'inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo.”

Buzzati appone la firma sulla seconda raccolta di racconti: partenza esplosiva con Paura alla scala, febbrile testimonianza di un'attesa del pericolo capace di irridere qualunque ideale (oltre che denudare il nauseabondo conformismo di cui la platea fa sfoggio); poi un balzo all'altra estremità della raccolta per finire trascinati ne La soffitta, teatro di quel turbinio di transitorie promesse che ribollono nel giovane con ancora la necessità di essere sedotto dal peccato per poter strappare momenti di gloria (che gentile il demonio a preoccuparsi; non come Dio, che manco si prende la briga di pronunciare due paroline).
Degni di nota i meravigliosi Inviti superflui, Una goccia, La notte, Le buone figlie e L'uomo nero, manciata di racconti pregni della sensibilità di un autore che della compassione e l'elevazione morale ne ha fatto tratti distintivi.
Profile Image for Hugo Emanuel.
385 reviews26 followers
October 21, 2014
Dino Buzzati é um escritor por quem vim a nutrir uma admiração e apreciação desmedida desde a primeira vez que o li. Os seus contos deixaram-me completamente desarmado acima de tudo devido ao facto de, não obstante os acontecimentos que nestes são relatados terem lugar numa versão onírica, fantástica e por vezes surreal do mundo real, apresentarem ao seu leitor dilemas com que todos nós nos podemos relacionar. Em suma, os seus contos, não obstante estarem revestidos de elementos fantásticos, são na sua maioria profundas e relatáveis alegorias a dilemas e questões existenciais com que o ser humano se debate há séculos. Não vos vou contar muito sobre os contos que “Pânico no Scalla” colecciona – são mais de vinte e o elemento surpresa é uma das suas virtudes – mas posso adiantar que apresentam visões distintas da morte (esta por vezes representada como uma entidade assustadora, outras como um velho amigo que nos esperou toda a vida) e do quão “igualitária” esta é; apresentam alegorias ao fanatismo e hipocrisia da religião; debruçam-se sobre o medo do desconhecido, mesmo quando este se revela ao ser humano sob uma forma perfeitamente inofensiva; existencialismo, entre muitos outros temas. São contos que apesar da sua aparente simplicidade, improbabilidade e pouca caracterização de personagens convidam á reflexão sobre questões que certamente já teremos ponderado pelo menos uma vez durante a nossa existência. Esta não é, na minha opinião, a melhor colecção de contos do autor (“A Derrocada da Baliverna” ocupa tal lugar no meu coração) mas certamente agradará a para quem aprecia contos fantásticos com um forte teor filosófico.
Profile Image for Airácula .
280 reviews62 followers
January 1, 2021
Un librito repleto de: siniestros escenarios de mortecina crueldad y un patética risa burlona escondida en el fondo de la narración.

Mis 3 historias favoritas serían:
1) Siete pisos
2) La capa
3) Una gota

Extra: no puede faltar "Miedo en la Scala".
Profile Image for Arwen56.
1,218 reviews327 followers
March 15, 2015
E' sempre un piacere leggere uno scritto di Buzzati, l'uomo che, con Il deserto dei tartari, mi ha regalato una grande emozione. E' uno stile asciutto e preciso il suo e di grande rigore espressivo. Non prende mai "le parti" di nessuno, Buzzati, almeno non esplicitamente, bensì osserva con lucidità cosa può succedere se si prende un gruppo di uomini e lo si catapulta in una situazione al limite del reale.
Dicono fosse così anche nella vita: un attento osservatore, schivo, garbato, paziente, mai smanioso di mettersi in mostra, preciso e coscienzioso. Scrive di lui Montanelli: "Non credo che avesse delle concezioni politiche. Debbo però aggiungere che quest’uomo, questo scrittore, questo giornalista che non si interessava mai di politica aveva poi delle intuizioni straordinarie anche sulla politica. Lo si vide subito dopo la guerra quando scrisse Paura alla Scala. Era veramente l’intuizione di ciò che stava per succedere in Italia." E Buzzati stesso si descrisse così: "Io sono un uomo ormai vecchio che ha trascorso la propria vita cercando di capire quello che gli accadeva intorno, quello che gli accadeva dentro. Non mi sono mai dato arie da superuomo. Non ho mai fatto cose eccezionali. Poiché dovevo guadagnarmi il pane quotidiano, ho scelto la professione del giornalista perché mi è sembrata la più adatta ai miei mezzi. Intanto, cammin facendo, ho cercato, con la penna e poi anche con i pennelli, di raccontare delle storie. Se una sola di esse è riuscita, o riuscirà, a toccarvi il cuore, vuol dire che non ho lavorato inutilmente."

In Paura alla Scala ci si ritrova a vivere, proprio come nel racconto di Stevenson Il padiglione delle dune, una situazione di attesa, di stress emotivo, di pericolo incombente, ma parzialmente ignoto sia riguardo alla sua effettiva portata, sia riguardo al momento in cui esso si potrebbe manifestare. Eppure, tra i due racconti c'è un abisso. In parte, certo, la differenza dipende dalla distanza temporale che divide i due scrittori, l'uno appartenente al 1800 ed al vittorianesimo, l'altro ai tempi moderni e all'alta borghesia milanese di inizio secolo, quindi è abbastanza ovvio che un lettore contemporaneo si ritrovi di più nelle parole di Buzzati che non in quelle di Stevenson. Tuttavia, non si tratta solo di questo. Mentre nel primo caso la suspanse nasce tutta dai "fatti", nel secondo va crescendo in funzione dell'interiorizzazione degli stessi da parte dei personaggi e da come essi reagiscono psicologicamente di fronte alla minaccia. Una minaccia che, ne Il padiglione delle dune si concretizza, conducendo alla morte del banchiere ed al grande incendio purificatore, mentre in Paura alla Scala si stempera sino a svanire completamente nella bellissima chiusa in cui Milano si risveglia: "Un solitario ciclista passò cigolando. Si udì un fragore simile a quello di tram lontani. Quindi nella piazza spuntò un ometto curvo spingendo un carrettino. Con calma strema, partendo dall'imbocco di via Marino, l'ometto cominciò a spazzare. Bravo! Bastarono pochi colpi di ramazza. Scopando le carte e la sporcizia, egli scopava insieme la paura. Ecco un altro ciclista, un operaio a piedi, un camioncino. Milano si svegliava poco a poco. Niente era successo."

No, niente è successo: eppure è successo tantissimo.
Profile Image for Laura Jelenkovich.
Author 8 books39 followers
March 1, 2016
Paura alla scala, un capolavoro. Buzzati ha sempre dato il meglio nei racconti, il suo stile raggiunge l'apice con un vocabolario estremamente ampio che ormai non si trova più in alcun libro. Non so quante volte l'ho letto, ma pagina dopo pagina mi ritrovavo a sorridere: conoscevo la storia e sapevo cosa aspettarmi, quale piacere avrei tratto da quelle parole. Uno dopo l'altro sfilano le perle di Dino: una goccia, racconto di natale, scorta personale, il re a Horm el-Hagar, inviti superflui, la canzone di guerra...avrei anche potuto citarli tutti, ma questi sono sicuramente i miei preferiti. Sono perle, pietre miliari della letteratura italiana. Da leggere e rileggere e rileggere
Profile Image for Vittorio Ducoli.
575 reviews81 followers
July 3, 2023
Racconti di guerra e dopoguerra

Da moltissimi anni non leggevo più nulla di Dino Buzzati. Eppure Il deserto dei Tartari ha rappresentato per me un testo fondamentale, che ha segnato la mia post-adolescenza contribuendo in maniera non marginale ad accrescerne le angosce esistenziali. La mia biblioteca conserva gelosamente il volume degli Oscar da me acquistato il 15 giugno 1977 (quindi oltre 46 anni fa!), con in copertina un fotogramma del (mediocre) film di Valerio Zurlini, uscito l’anno precedente. Negli stessi anni acquistai e lessi i racconti de La boutique del mistero, poi più nulla: altri interessi letterari, e forse la presunzione di avere letto il meglio della sua vasta produzione, fecero sì che solo nel 2009 acquistassi un terzo volume dello scrittore bellunese, ancora una raccolta di racconti e novelle, Paura alla Scala. Un paio di anni dopo le mie vicende professionali mi portarono a vivere proprio nei luoghi buzzatiani, ma neppure questo fu di stimolo alla lettura di altre opere del nostro.
Così solo in questi mesi, dopo che una parte importante della mia vita è passata ed i Tartari sono effettivamente arrivati, sotto forma di barbarie e volgarità neoliberista che appesta la nostra vita e la nostra società, ho avuto modo di confrontarmi ancora con uno degli autori più importanti del secondo novecento italiano, che fu, oltre che giornalista e scrittore, anche un valente pittore: ”sono un pittore il quale, per hobby, durante un periodo purtroppo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista” scriverà, mettendo così in fila, in qualche modo, i suoi interessi culturali.
Paura alla scala è come detto una raccolta di 25 racconti e novelle, edite in volume nel 1949; molti dei testi che la compongono erano già stati pubblicati su quotidiani e riviste nel periodo bellico e negli anni immediatamente successivi.
Il volume inizia con la lunga novella eponima. Una sera di maggio dell’immediato dopoguerra al Teatro alla Scala va in scena un’opera contemporanea, La strage degli innocenti del celebre musicista alsaziano Pierre Grossgemüth, che alla prima assoluta parigina ha suscitato grandi polemiche, anche per l’atteggiamento ambiguo tenuto dall’autore durante l’occupazione nazista. A Milano c’è quindi grande attesa per l’evento, e tutta la buona borghesia cittadina è presente, più per la necessità di esserci che per vero amore per la musica, precisa Buzzati.
La serata è però particolarmente tesa: circola infatti voce che la potente setta politica dei Morzi abbia organizzato un colpo di mano per rovesciare il potere costituito e instaurare una dittatura, e che intenda approfittare del fatto che molti degli avversari di classe siano riuniti alla Scala per arrestarli agevolmente. Gli stessi capi della setta assistono da un palco allo spettacolo, andandosene però durante un intervallo. Al termine dello spettacolo quella che Buzzati chiama la crème si riversa nel ridotto per il ricevimento alla presenza dell’autore. Dopo i commenti entusiastici sull’opera inizia a serpeggiare tra gli astanti la paura per ciò che potrebbe star accadendo fuori. Nessuno osa uscire nella notte, e ben presto si formano gruppi che propongono tattiche diverse per affrontare la situazione: c’è anche chi pensa di collaborare con il nuovo potere. Lascio al lettore la scoperta del bel finale.
La novella fu commissionata a Buzzati dal direttore del Corriere dopo l’attentato a Togliatti del luglio del 1948, quando l’Italia rischiò di sprofondare in una guerra civile (nelle manifestazioni di protesta si contarono 14 morti), evitata grazie al sangue freddo della dirigenza comunista. I Morzi sono evidentemente i comunisti, cui il moderato Buzzati affibbia l’appellativo di setta e i cui appartenenti descrive come sciatti e grigi. Tuttavia gli strali di Buzzati si abbattono in modo molto più caustico sulla buona borghesia meneghina, il suo padrone collettivo. Il ritratto è spietato: pochezza intellettuale, smania di presenzialismo, codardia, opportunismo sono infatti i tratti che la caratterizzano.
Il breve racconto seguente prende di mira esplicitamente il grigiore borghese, dato che ha per titolo Il borghese stregato. Ne è protagonista Giuseppe Gaspari, ”commerciante in cereali, di 44 anni” che, in villeggiatura con moglie e bambine incontra, durante una solitaria passeggiata, alcuni bambini che giocano alla guerra. Decide di partecipare al gioco e parte all’assalto del fortino dei nemici, venendo però ferito a morte da una freccia. Sorta di Gustav von Aschenbach in sedicesimo, Gaspari non ha ovviamente la statura letteraria del protagonista di Morte a Venezia, ma ne condivide il destino, morendo stregato dal tentativo di uscire dalla sua grigia esistenza – per l’appunto borghese - attraverso il recupero degli entusiasmi infantili, senza capire che non è possibile, come afferma Buzzati nella forse troppo pedante morale al racconto.
Di alto spessore è a mio avviso Le buone figlie, nel quale agisce il meccanismo tipicamente buzzatiano del graduale cambio di prospettiva da una situazione percepita come rassicurante al disvelamento di una realtà angosciante e crudele. Un padre, che narra in prima persona, ha quattro figlie, per le quali stravede. Apparentemente anche le figlie amano il padre, ma la realtà è ben diversa. Anche in questo caso l’ambientazione è tipicamente borghese: ”che cosa ti salta in mente? Forse che ti lascio morire di fame?” risponde il padre ad una delle figlie che, stanca di studiare, dice di voler fare l’operaia. Il borghese Buzzati mette qui a nudo l’ipocrisia e i drammi che covano sotto la superficie di un rapporto familiare modello. Da notare comunque che lo scapolo Buzzati (si sposerà solo sessantenne) elide totalmente la figura materna dal racconto.
Un dio scende in terra affronta la tematica della distanza tra le classi sociali, affidandola alla vicenda di un potente editore che per un caso fortuito entra in contatto con un suo oscuro dipendente, che gli fornisce una lezione di vita.
Le poche pagine di Una goccia disegnano in maniera impeccabile l’irruzione dell’assurdo (la morte, la guerra o solo una goccia che non segue la legge di gravità?) nella vita quotidiana: in un tranquillo casamento, anch’esso apparentemente borghese (c’è al primo piano una signora con tanto di domestica) ogni notte infatti una goccia risale le scale, angosciando gli inquilini.
In Nuovi strani amici si ritrova il tòpos della vita dopo la morte: Stefano Martella, direttore di una società di assicurazioni, morto piuttosto giovane, si ritrova in un luogo sontuoso, dove tutto è perfetto: non c’è dolore, né desideri, né sogni, né malattie; ma è davvero questo il paradiso? Azzardo che forse, sotto la vernice di una lettura puramente esistenziale del racconto, esso forse racchiude un nocciolo più politico, potendosi vedere nella società perfetta cui approda il Martella ciò che sicuramente Buzzati considerava ubbie utopistiche di stampo marxista.
Riaffiorano sentimenti antimiliaristi, che costituiscono una delle cifre del suo capolavoro e che probabilmente sono stati rinsaldati dal dramma della guerra appena conclusa, in La canzone di guerra, mentre il seguente Il mostro è l’ennesima variazione sul tema degli abissi insondabili celati dietro la rispettabilità borghese. Piuttosto scoperta è a mio avviso è la valenza metaforica del mostro intravisto in soffitta rispetto alla sessualità, sia per come il mostro stesso è descritto, sia perché chi lo vede e lo denuncia inorridita al condominio è una domestica zitella, che si sospetta sia ”alquanto inaridita nella verginità “, sia infine perché tutti, pur sapendo che il mostro c’è davvero, ne negano l’esistenza: “si fa, ma non si dice”, recitava una canzone di quell’epoca.
Dopo il poco significativo (a mio avviso) Il nuovo questore la raccolta presenta uno dei suoi racconti più complessi e densi, Il miracolo di Re Ignazio. Il re di Napoli deve sottoporsi ad una operazione, per cui va in ospedale. La notte prima dell’intervento viene infastidito dal lamento di un ammalato. Risvegliatosi dall’anestesia, non riesce a trattenersi dall’emettere a tratti un lugubre gemito, che terrorizza il personale dell’ospedale ma miracolosamente guarisce gli altri ammalati.
Il racconto allude al tema del potere, e si caratterizza per un potente finale, nel quale il Re diviene vittima quasi sacrificale del suo essere l’incarnazione stessa del potere.
Il successivo Pranzo di guerra è forse l’esempio più perfetto del già citato meccanismo narrativo buzzatiano dell’immissione progressiva nell’angoscia della realtà. In questo caso forte è il legame con gli eventi bellici dell’epoca: il racconto è in grado, in poche pagine, di far rivivere al lettore il progressivo scivolamento della percezione comune della guerra in cui il fascismo aveva criminalmente gettato il paese da evento quasi gioioso e comunque remoto a incubo che bussa direttamente alla porta di ciascuno.
Anche I ricci crescenti ha a che fare con la tematica del potere, ed anche in questo caso protagonista è una figura emblematica: un magistrato, nella cui casa entra una famigliola di tre ricci parlanti, che ad ogni visita sono più grossi e sfrontati, sinché il protagonista si rende conto che uno dei tre è il riccio che anni prima aveva ferito, per diletto, con una fucilata. Anche se il racconto appare forse un po’ troppo didascalico e non è del tutto felice la scelta di far parlare i ricci come stranieri, senza coniugare i verbi, indubbiamente colpisce nel segno puntando il dito contro chi ha il potere di giudicare gli altri senza mai giudicare se stesso e le proprie azioni, forte coi deboli e debole con i forti. Senza appello è la sentenza finale lanciata da mamma riccio mentre lascia la casa: ”Se un giorno Dio cadere malato e perdere le forze, voi tutti felici di bestemmiare! Ecco voi uomini”. Chissà non alluda all’improvvisa conversione di moltissimi ferventi fascisti e ignavi all’indomani del 25 luglio.
Altro piccolo gioiello è le montagne sono proibite, raccontino distopico - molto ancorato alle stupide atmosfere del ventennio - in cui il potere ha vietato per legge di salire sulle montagne, di parlarne e possibilmente anche di guardarle; ovviamente ciò crea non pochi disagi ed imbarazzi in chi vive in aree montane. Merita di essere citato il passo in cui si narra che un abitante di tali aree si è fatto costruire una lussuosa carrozza, che non può circolare sulle strette e tortuose stradine della zona, ma solo in piazza, dove le autorità osservano compiaciute cotanto zelo, perché comunque per legge quella è una piatta pianura. Lo ritengo un passo che molto si attaglia anche all’imperante conformismo contemporaneo, che ci fa imbattere spesso in individui che ritengono piova anche se c’è il sole, perché l’ha detto la TV o c’è scritto sui giornali, e forse varrebbe la pena riflettere sul perché, in un regime democratico, ancora oggi tutti gli sforzi della cosiddetta informazione, con il giornale per il quale lavorava Buzzati nel drappello di testa, siano tesi ad impedire che qualcuno si renda conto che le montagne esistono.
Molto bello è anche L’uomo nero nel quale è lo scrittore stesso che parla, e prepara – visto che viene sempre accusato di scrivere storie malinconiche - una giornata felice nel paesino di San Rocco, nel corso della quale tutti realizzeranno i loro piccoli o grandi desideri. Ma, come sempre in Buzzati, la giornata passerà invano e alla sera tutto sarà come prima.
Un altro monarca è protagonista de Il re a Horm el-Hagar, racconto la cui significatività a mio avviso è legata essenzialmente al fatto che nel personaggio del conte Mandranico, che visita uno scavo archeologico egiziano scatenando la furia distruttrice di antiche potenze occulte, scappando quindi a gambe levate, è facilmente riconoscibile la figura di Vittorio Emanuele III, la cui inadeguatezza politica e caratteriale Buzzati stigmatizza ironicamente facendogli parlare un incomprensibile italiano biascicato.
Se La notte è ancora un breve racconto sulla morte e La fine del mondo narra senza troppa originalità dell’ultimo giorno, il successivo Qualche utile indicazione a due autentici gentiluomini (di cui uno deceduto per morte violenta) riprende, con maggior tasso di crudeltà e ironia, lo schema narrativo de I ricci crescenti, in questo caso applicato alla vicenda di un assassinio.
Dopo la pausa intimista di Inviti superflui le atmosfere dell’orrore borghese tornano potentemente in Spaventosa vendetta di un animale domestico, nel quale la maschera più terrificante non è quella della sorta di pipistrello allevato dall’anziana zia della narratrice, ma la zia stessa, che offre alla nipote ”un bicchierino di Prunella Ballor”, e gli ansiogeni comprimari; notevole è anche la capacità dell’autore di tratteggiare in poche righe un ambiente claustrofobico.
Poco forse aggiungono a quanto già detto i due racconti seguenti, Racconto di natale e Ho dimenticato, quest’ultimo forse il più kafkiano della raccolta (e sappiamo quanto il continuo confronto con Kafka abbia tormentato l'autore bellunese). Il volume si chiude quindi con un’altra novella, La soffitta, dove torna il tema delle pulsioni sessuali, in forma forse troppo didascalica, a partire dalla scontata metafora biblica della mela.
Paura alla Scala è una raccolta di racconti leggendo la quale si trova tutto l’universo letterario di Buzzati, fatto di una assurda normalità del quotidiano che ne svela il fondamento angosciante: più che in altri testi dell’autore le tematiche sono profondamente connesse con il momento storico in cui i racconti furono scritti: gli anni della guerra, della liberazione e delle tensioni politiche del primo dopoguerra. Fa quindi specie che nella sua pessima introduzione Fausto Gianfranceschi si scagli contro una interpretazione storicistica di Buzzati, che invece sarebbe scrittore postmoderno, che ha ”attinto al grande Immaginario del sapere narrativo universale, alle alte metafore viventi che la modernità ha tentato di mettere fuori gioco ma che non hanno mai smesso di parlare al cuore degli uomini”. Certo, in Buzzati vi sono forti tensioni di matrice esistenziale, ma come proprio questo volume dimostra, esse sono saldamente ancorate al momento storico in cui l’autore vive mentre scrive. Gianfranceschi afferma che l’autore “ha composto i suoi libri nel momento forse più ideologizzato della storia della cultura italiana, e da buon ideologo è ovviamente sostenitore della fine delle ideologie (che originalità di pensiero!); accosta arbitrariamente modernità, progressismo e marxismo, parla di imperante nichilismo (e se scrivesse oggi certo ricorrerebbe alla categoria del populismo) e ci regala infine una delle perle di stupidità critica più colossale che abbia mai letto, quando si chiede, a proposito dell’attualità di Paura alla Scala: “I mali dell’ondata contestatrice e poi terroristica, da che cosa sono stati favoriti se non da una diffusa complicità intellettuale, oltre che dal conformismo e dalla viltà?” Perfetto esempio, questo sì, del pensiero di un ideologo conformista.
Profile Image for Rogério Martins.
10 reviews2 followers
August 30, 2013
«Um dos maiores contistas deste século» dizia na capa do livro.
Não se enganaram. Quem aprecia contos não pode deixar de reconhecer a mestria deste conjunto de contos.
R.
Profile Image for Berkay.
37 reviews
August 30, 2025
Dino buzatti ile tatar çölü eseriyle tanıştım. Okuduğum en güzel kitaplardan biri olmasından kaynaklı bu kısa öykü derlemesinden ümidim yüksekti. Başlangıçta scala’da korku hikayesini o kadar etkileyici bulamayınca anlam veremedim fakat devam ettikçe ruhuma dokunan bir çok kısa öyküye denk geldim.

Cennette olduğunu düşünen fakat hislerin mutluluğun hüznün ve arzunun olmadığı bu cennetin aslında bir cehennem olduğunu anlayan bir karakterin hikayesi, gördüğüm en güzel aşk ve ayrılık hikayesi bu kitaptaydı. Bundan ziyade dağa bakmanın yasak olduğu bir toplum, anlatacağını krala unutan bir elçinin hikayesi ve daha onlarcası.

Kitabın arka kapağındaki açıklama kitaba dair en güzel açıklamayı yapıyor. Bu kitap, gerçek hayattaki anların çatlaklarına mercek tutuyor ve bunu çok başarılı bir şekilde yapıyor. Hikaye sayısının fazlalığı sonlara doğru gelirken biraz baysa dahi kesinlikle okunması gereken bir eser.
3 reviews1 follower
January 16, 2025
Incrível! Buzzati escreve sobre cenários estranhos, ou mesmo absurdos, conseguindo sempre criar uma história fascinante. Mesmo que estes contos sejam passados numa realidade surreal e fantástica, conseguimos sempre encontrar forma de nos relacionar. Se não dá perceber, eu gostei muito
Profile Image for Laurent Szklarz.
572 reviews2 followers
Read
June 16, 2019
Il y a a boire et a manger dans ce recueil d'histoires. Pas désagréable a lire.
Profile Image for Kevan Houser.
191 reviews2 followers
January 4, 2024
(This review refers to the 1984 Oscar Mondadori paperback edition of "Paura alla Scala".)


What a wonderful introduction to Dino Buzzati (1906-1972)! Buzzati is a significant Italian author and also enjoys a measure of international fame, mostly due to "Il deserto dei Tartari" (entitled "The Tartar Steppe" in its English translation). In fact, "Il deserto dei Tartari" is waiting patiently on my bookshelf, but for some reason keeps getting overlooked as I pick off modern classics of Italian literature one by one.

For some reason I never thought I'd like Buzzati much. Surrealism, wild stories, the "Italian Kafka" as some have called him—it just didn't sound appealing to me. Buzzati is also often associated with Italo Calvino, another writer whose style and subject matter I wouldn't expect to like (but perhaps soon I'll finally have to give him an honest chance now that I see how much I like Buzzati).

Plus, I've never been a huge fan of short stories; I generally prefer novels. That said, I finally resolved to acquaint myself with Buzzati through this collection and ended up entirely enchanted and fascinated by the ~25 short stories here. Some are quite short, maybe 4-5 pages. The two longest stories—"Paura alla Scala" and "La soffitta"—bookend the collection and are perhaps the "stars" of the show, but several of the shorter stories pack quite a punch as well. The stories are weird, surreal, intriguing, surprising.

Unfortunately, I didn't take notes as I read, so I'll have to settle for a few scant, random comments.

One story, "Il re a Horm el-Hagar" deals with an archeologist who receives an important visitor to his dig site in Egypt, with startling result.

The most moving story might have been "Scorta personale" where the narrator recounts his ongoing relationship, starting when he was a little boy, with... death personified?

At any rate, after I finally decide to read "Il deserto dei Tartari," I'll have to reread these stories and perhaps expand my review. Meanwhile, I recommend these stories for fans of Kafka, surrealism, and Italian literature in general. In my opinion, the Italian prose is straightforward enough that most people who are seriously learning Italian could tackle it after completing the basics of grammar, say after a year of college classes. Italian teachers might consider some of the shorter stories for introductory Italian literature classes.
Profile Image for João Cruz.
356 reviews23 followers
July 11, 2015
Gostei muito de quase todos os contos. "Pânico no Scala" e "O sotão" são bons exemplos da intrusão de algo não material que nos desassossega no mundo físico e palpável.
28 reviews5 followers
August 17, 2015
Desisti, um livro não se faz apenas de boas ideias.
Displaying 1 - 15 of 15 reviews

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