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257 pages, Hardcover
First published October 1, 2000
Turing proseguiva chiedendosi «in che misura sia possibile, in linea di principio, per una macchina calcolatrice simulare attività umane», e questa domanda lo portava a considerare la possibilità di una macchina programmata per imparare, e alla quale fosse permesso di commettere errori. «Invece di avere una situazione in cui la macchina a volte non dà risposte, potremmo aggiustare le cose in modo che essa dia ogni tanto risposte sbagliate. Anche il matematico umano prende qualche cantonata quando sperimenta nuove tecniche... In altre parole, se ci si aspetta che la macchina sia infallibile, allora essa non può essere anche intelligente. Ci sono diversi teoremi che lo affermano quasi esattamente, ma che non dicono nulla su quanta intelligenza può essere esibita da una macchina che non abbia pretese di infallibilità» (riferimento indiretto al teorema di incompletezza di Gödel, sul quale avremo ancora qualcosa da dire nel prossimo capitolo). Turing invocava «fair play nei confronti delle macchine» osservando che «ogni matematico umano è sempre sottoposto a un addestramento prolungato». E concludeva: «... perché dovremmo aspettarci di più da una macchina?». Il gioco degli scacchi - disse - poteva essere un esercizio adatto, per cominciare. All'epoca, nessuna apparecchiatura di questo tipo era stata realizzata! Il pubblico, stupefatto, rimase in silenzio.