pianobi: Lettere da Vecchi e Nuovi Continenti discussion

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Don Winslow
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Don Winslow
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Il potere del cane soprattutto lo ritengo una delle letture più appassionanti del secolo (cioè dal 2000 in poi...).
Poi come tutti gli autori di thriller/gialli/mystery/polizieschi ogni tanto non la imbrocca giusta ma anche le sue opere meno riuscite sono sempre a un livello dignitoso (almeno per quel che ho letto io)

Il potere del cane soprattutto lo ritengo un..."
Ecco infatti Ubik di Winslow sento citare con una certa passione solo Il potere del cane. E dire che ne ha scritti di altri... possibile non ci sia un altro da ascrivere alla categoria dei "notevoli", se non proprio capolavori?


Questo romanzo mi ha regalato anche uno dei miei scambi preferiti:
Adàn replica: - Ci sono i soldi e la mancanza di soldi; c'è il potere e la mancanza di potere. Nient'altro.
- Vede? - ribatte Tirofio con un sorriso. - Lei è già un mezzo marxista.

Anche Il cartello mi è piaciuto, ma è proprio ostico, una escalation di violenza senza fine (proprio senza fine, nel senso che continua tuttora). Quando l'ho finito ho avuto comunque l'impressione che non fosse così. Mi ha lasciato con un senso di sospensione e non di storia narrata che si conclude.
Di recente ho letto Corruzione e non mi ha entusiasmato particolarmente, anche se rimane buon intrattenimento. (Non ho rotto le scatole a nessuno).
Ora ho in attesa La pattuglia dell'alba e L'ora dei gentiluomini.
Qualcuno ha letto invece Satori? Remainders al 65 % e sono tentata...

La pattuglia dell'alba non è granché, a mio parere, ma comunque simpatico e leggibile.
L'ora dei gentiluomini e Satori sono fra i Winslow che non ho letto...

Questa è l'intervista che ha rilasciato a Repubblica in occasione della presentazione di "Corruzione" che mi è piaciuto per il suo realismo.
"Don Winslow: la guerra è finita. Ha vinto la droga
Ha raccontato l’ascesa dei narcos messicani. Ora, nel nuovo romanzo, "Corruzione", accende i riflettori sui poliziotti di New York. E svela un’America falciata da eroina e antidolorifici. Lo abbiamo intervistato
SAN DIEGO. O quasi. Doveva essere San Diego, l’ultima città della California, quella del confine, della marina militare e del surf. Ma poi si è preferito fare l’intervista da un’altra parte: Don Winslow ha avuto «dei problemi» (telefonate, minacce), per cui si è spostato un po’ più in là. Il paesaggio è diventato immediatamente geologico e silenzioso, con rocce e grandi massi rotolati dalle montagne qualche milione di anni fa. Dietro una collina c’è il deserto che arriva fino in Arizona, dietro l’altra c’è il Messico. Due bambini giocano con un pallone in uno spiazzo davanti all’emporio. Dice Winslow: «Sono figli di illegali, naturalmente. D’altra parte, un tempo questo era Messico. Qui il settanta per cento ha votato Trump, i vecchi liberal come me sono pochi, ma se dovessero venire i federali a deportare quei due bambini, salterebbero fuori con i fucili per impedirlo». E infatti i due bambini non hanno paura. E il muro?, chiedo, dove dovrebbe passare? «Non si farà mai. È una buffonata, come tutto Trump».
Don Winslow ama l’Italia, c’è stato molte volte. Ha amici: Roberto Saviano, per esempio, che scrive sugli stessi, pericolosi argomenti. Sorride e mi indica le colline disseminate di casette. «Sai cosa sta facendo la gente, lassù? Sta guardando Gomorra su Netflix. Al bar non si parla d’altro. Ma io non so se riuscirei a fare la vita che fa Roberto. L’anno scorso, a Roma, eravamo insieme in un posto pubblico. Mia moglie ha aperto la borsa per prendere la sua bottiglietta di acqua minerale e le sono saltati addosso tre dei suoi “angeli”, con le pistole a un centimetro dal suo naso».
Sessantatré anni, fisico minuto e giovanile di chi pratica e insegna surf (un hobby professionale), viso molto mobile con due occhi chiari profondi, jeans e maglietta, un uomo che ha fatto i mestieri più curiosi nella vita, Don Winslow è considerato il miglior giallista americano del momento. E quello che vende di più. Ha cominciato vent’anni fa ad apprezzarlo una nicchia di lettori internazionali; fece colpo con L’inverno di Frankie Machine, dove un mafioso in pensione, appassionato di surf, veniva richiamato in servizio (e buon per lui che era un tipo meticoloso); poi è esploso con Il potere del cane e Il cartello, le due saghe iperrealiste sui narcos messicani che gli hanno dato il successo mondiale e, appunto, «qualche problema».
Ora, in contemporanea con l’edizione americana, intitolata The Force, esce in Italia Corruzione, Einaudi, tradotto da Alfredo Colitto. Comprato a scatola chiusa da Hollywood, per il ruolo di protagonista nel film i grandi attori stanno già facendo la fila. Ma non saremo più tra teste decapitate, giornalisti assassinati, il deserto da conquistare; siamo arrivati nel centro di New York, dove si aspetta la “settimana bianca”, l’invasione di eroina, e il migliore poliziotto sulla piazza, Denny Malone, si gioca la reputazione, la coscienza, l’anima di fronte a tutto lo sporco del mondo. Vincerà? Se siete un amante dei gialli, non perdetevelo. Di The Force, Stephen King ha twittato: «È come Il Padrino, ma con i poliziotti al posto dei mafiosi». Di certo non vincerà New York. Confessa Winslow: «Con tutto il bene che le voglio, purtroppo, è perduta». Nessuna città resiste alla “settimana bianca”.
Da dove partiamo?
«Se parliamo di cartelli, da quello di Sinaloa. È un punto all’orizzonte, a sud: lo stato di Sinaloa, Messico, nei poverissimi anni Quaranta. Il clima è buono per la coltivazione dell’oppio, i gringos ne hanno bisogno. Il consumo di massa di oppio, eroina, antidolorifici è nato qui, con la Prima guerra mondiale, le trincee, le amputazioni. Furono degli italiani intraprendenti a capire che si potevano fare un sacco di soldi curando dolore e infelicità. Lucky Luciano fu il più sveglio, aprì canali con l’industria farmaceutica in Germania, si spinse addirittura in Birmania per comprare la materia prima. Con la Seconda guerra mondiale questi canali si esaurirono: l’Atlantico era un “mare tedesco”, il Giappone dominava l’Asia, la merce non arrivava. Ma i soldati americani avevano bisogno della dose. E così furono proprio gli americani a proporre ai contadini di Sinaloa di produrre per loro. “Sì, d’accordo, ma come facciamo a portarvi la roba oltre le montagne?”. “Vi costruiamo noi la ferrovia” dissero i gringos, e infatti fecero la Sinaloa-San Diego in un batter d’occhio, per i marinai delle portaerei, le decine di migliaia di feriti, di traumatizzati, di distrutti dalla guerra che tornavano a casa».
Tra allora e oggi, per soddisfare i consumi americani c’è voluta la produzione intensiva in Colombia, Bolivia, Messico. Adesso è il Messico che ha preso il sopravvento: e la logica del Cartello del XXI secolo ha la stessa modernità delle catene di montaggio dei primi del Novecento. "
http://www.repubblica.it/venerdi/inte...
"Satori" è un buon thriller strutturato come prequel de "Il ritorno delle gru" di Trevanian.

se penso che le tue note e i tuoi materiali sono rimasti imprigionati laggiù, mi viene da piangere! Proprio in questi giorni cercavo qualcosa che ricordo avevi scritto su Dror Mishani (di cui sto leggendo "un'ipotesi di violenza") ma ho rinunciato per sfinimento.
Avrei dovuto copincollarmi tutto, quando era disponibile!


Copincollo dal commento che avevo scritto su Il cartello su anobii:
La scrittura di Winslow, a me non piace. Per due motivi principali (non gli unici difetti del suo stile, ma quelli che mi hanno dato più fastidio):
-la ripetizione continua di alcuni schemi narrativi, che vengono utilizzati ad nauseam. In particolare, per tutto il libro, dall'inizio alla fine, ogni capitoletto, ogni "scena", inizia con una situazione iniziale, per poi fare un lungo flash-back per raccontare come si arrivati fin lì. Mi va bene, ma farlo in continuazione è stucchevole. Ed è solo un esempio.
-la gestione dei punti di vista dei personaggi. Pedante. Non so trovare un aggettivo migliore, per descrivere l'assurda maniera dell'autore di dover descrivere i pensieri dei personaggi, anche quando questi sono palesi da ciò che dicono e fanno. In questo modo, vengono inutilmente appesantiti dialoghi e descrizioni, spesso ribadendo e ripetendo lo stesso identico "concetto".
L'altro suo romanzo che ho letto, L'inverno di Frankie Machine, fa schifo.

Ho già inserito i due siti fra i "preferiti", cartella "libri";
sono molto contento di avere recuperato quei materiali e ti ringrazio per l'indicazione perché cercare su a. è diventato un delirio. Più avanti controllerò quali dei due tenere (fra i preferiti intendo) o eventualmente ambedue: il materiale è il medesimo?
Quanto a Mishani, ricordavo bene i tuoi commenti a "Un caso di scomparsa" che coincidevano sostanzialmente con le mie impressioni su questo autore allora misconosciuto (oddio, non che adesso...) e volevo verificare se avevi scritto anche a proposito dell'altro romanzo...

A differenza di tanti che l'adorano (su a. avevo perfino un amico, di Carpi mi pare, che l'aveva assunto come nickname!), L'inverno di Frankie Machine mi è sembrato certamente inferiore al dittico Potere del cane/Cartello, ma asserire che faccia schifo mi pare eccessivo...


Nel mio piccolo ti riferirò le mie impressioni su "Un'ipotesi di violenza" di cui ho da poco iniziato la lettura.

Nel suo genere, il thriller poliziesco, è uno degli autori più interessanti degli ultimi anni.


Cody McCall è scomparso. Ha due anni, ed è stato suo padre a rapirlo. Gli Amici di Famiglia hanno accettato di ritrovarlo per conto della madre e hanno affidato l'incarico a Neal Carey, il loro uomo migliore. Sulle tracce del piccolo, Neal si ritrova cosí a passare dalle scintillanti colline di Hollywood alle desolate Terre Alte del Nevada: sei mesi di neve, tre di fango e tre di polvere che taglia la pelle. La base perfetta per una milizia di fanatici razzisti, i Figli di Seth. Suprematisti bianchi che spargono odio e violenza in attesa dello scontro finale con quella società corrotta che tanto disprezzano. Harley McCall, il padre di Cody, era uno di loro. Se vuole ritrovare il bambino, sperando sia ancora vivo, Neal deve entrare nell'organizzazione, conquistare la fiducia del capo, diventare uno di loro. Nulla di piú facile.
Dopo London Underground e China Girl, la terza avventura del detective privato Neal Carey.
- Un lavoro sotto copertura, figliolo.
Sotto copertura. Le due parole piú eccitanti e terrificanti in quel tipo di attività. La fiamma che ti attrae e poi ti brucia.
- Dove? - chiese Neal.
Ed masticò un pezzo di patatina e usò l'altro per tracciare piccoli cerchi nell'aria.
- Là fuori, no?
Là fuori, là fuori. Be', ragazzi, perché no? Là fuori ci ho passato tutta la vita.
http://www.einaudi.it/libri/libro/don...


Allora andiamo avanti per compleanni: oggi 31 ottobre compie gli anni Don Winslow, uno che nel corso degli ultimi anni si è guadagnato il posto fisso negli scaffali del poliziesco e del thriller.
Che ne pensate? Cosa avete letto?
pagina GR: https://www.goodreads.com/author/show...