Reading Challenges discussion
Gara a Squadre - III Edizione
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Cittá rossa - COMMENTI
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by
Auntie
(new)
Sep 06, 2015 03:57AM

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Ciao Auntie,
scusa l'intrusione ma ho visto che avevi aperto questo topic nel folder generale, quindi te l'ho spostato in quello relativo al gioco a squadre.
buona serata!
scusa l'intrusione ma ho visto che avevi aperto questo topic nel folder generale, quindi te l'ho spostato in quello relativo al gioco a squadre.
buona serata!

Le pecore e il pastore di Andrea Camilleri
Copre la task perché l'ho messo nei to-read il 17/12/2013, quindi quasi due anni fa!
Mi è difficile non SPOILERARE nel commento, vi avverto!
Il libro si compone di varie parti in cui vengono mostrati prima i luoghi, poi i personaggi, e solo dalla metà del libro viene presentato il fatto, ovvero (view spoiler)
Francamente ho trovato il libro mal scritto, e mi dispiace dirlo perché adoro Camilleri, in primis con le vicende di Montalbano, ma anche come scrittore storico. Non ho capito il perché dell'alternanza fra dialetto siciliano e lingua italiana, anche se forse quest'ultima viene usata più che altro per le parti più prettamente storiche, ma non mi è molto chiaro. Inoltre mi pare che ci sia pochissimo approfondimento, insomma il libro avrebbe ben potuto essere quattro volte più lungo senza annoiare, mentre così sembra tirato per le spicce e non riesce a coinvolgermi quasi per niente. Direi che in questo caso c'è un motivo se è un libro poco conosciuto dell'immensa opera di Camilleri.

Io, Liam di Antonella Albano
“Io, Liam” è un paranormal romance uscito dalla penna di Antonella Albano e edito da Il Ciliegio edizioni. È da tantissimo tempo che giace nei meandri della mia TBR ma finalmente sono riuscita a leggerlo. E se da un lato sono felice di aver posto rimedio ad un grave torto, dall’altro purtroppo non sono riuscita a godermi questo libro. Credo di aver superato la fase “amore vampiresco” e purtroppo non sono riuscita a godermi appieno la storia. Ho odiato la protagonista e le premesse e anche alcune scelte narrative.
Certe storie non sono per tutti e nonostante il tema principale del libro sia quello della redenzione, pure non sono riuscita ad apprezzare appieno la storia. Forse per l’inclinazione troppo intrinsecamente religiosa, con una propensione a Dio esagerata, forse per il livello di male e violenza concepito, e probabilmente per la narrazione ingarbugliata, troppo ricca di spunti, con pov che spuntano come funghi e scene che mi sono ritrovata a non leggere, perché inutili alla storia. Da un certo punto di vista, ci sono fin troppi spunti, ma d’altra parte una creatura millenaria come Liam ha bisogno di certo di un percorso tortuoso per raggiungere la salvezza.
Un paranormal romance con tanti spunti, che si perdono tra la narrazione poco fluida, appesantita da citazioni musicali, spesso in latino, e uno sviluppo incerto. Una storia che ha dell’epico, con un tema importante, ma che non sono riuscita ad apprezzare appieno.
Tutta la recensione la trovate qui: https://www.goodreads.com/review/show...


Cranford di Elizabeth Gaskell
Copre la task perché narrato dal punto di vista di Mary Smith, personaggio del tutto secondario per la storia.
Non so bene cosa mi aspettassi da questo libro, dopo non aver per niente amato North and South. L'ho voluto leggere perché è nella lista dei 1001 libri da leggere prima di morire, e perché mi intrigava l'idea di questa cittadina inglese abitata, a metà Ottocento, quasi solo da donne.
Comunque devo dire che mi è piaciuto più di North and South. Non è un capolavoro, non rientrerà fra i miei libri preferiti (né Gaskell fra le mie scrittrici preferite), ma è un libro piacevole.
Gaskell scrive bene e la leggera noia della storia si fa ripagare in questo modo, con la buona scrittura. Inoltre a tratti è anche divertente, anche se certo non fa morire dal ridere.
Mi è piaciuto soprattutto il finale, o meglio diciamo gli ultimi capitoli, in cui veniamo a scoprire il vero valore dell'amicizia.
Scritto molto bene e con un'ottima caratterizzazione dei personaggi.

Non dire notte
Questo è uno di quei libri che ti lasciano addosso una strana malinconia. Potrei dirvi che Theo è un architetto di una sessantina d'anni, molto attivo e abile con le donne che sta con Noa, una professoressa di venti anni più giovane. Potrei dirvi che lui è una persona tranquilla e pacata, solido, concreto e molto equilibrato mentre lei è impetuosa, testarda, impulsiva e indecisa.
Potrei dirvi che la storia si basa essenzialmente sul progetto di creare un istituto per tossicodipendenti in memoria di uno studente di Noa nel quale entrambi restano coinvolti, ma non è quello che ha colpito me o che comunque mi è rimasto più impresso.
Finalmente si parla di una coppia che non si sposa per scelta, che non ha figli e nonostante le proprie diversità si amano, si cercano, litigano, fanno la pace e vivono una vita comunque appagante.
Sarà che mi ci ritrovo molto, sarà che anche io come Noa volevo fare l'insegnate, sarà che per ora non voglio avere figli, sarà che sono anche io una paladina delle cause perse in partenza... sarà quel che sarà ma anche io mi sarei innamorata di Theo, di quest'uomo cosi' sicuro e calmo quasi da urlargli in faccia di perdere il controllo almeno per una volta.
Per concludere, lo stile e la trama potevano essere migliori, mentre i personaggi sono perfetti così come sono.

Peter and Wendy di J.M. Barrie
Libro per ragazzi.
Si tratta del celebre libro di Barrie Peter Pan, che nella sua edizione originale si chiamava appunto Peter and Wendy. Prima di questo avevo letto Peter Pan in Kensington Gardens, che è la storia di quello che succede prima, cioè di come Peter Pan arriva sull'isola che non c'è. Invece in questo libro Peter Pan è già lì insieme a Campanellino e tutti gli altri compagni e fatine, e saranno Wendy e i suoi due fratellini ad andare con lui sull'isola che non c'è per tante bellissime avventure. Il libro è assolutamente incantevole, è una favola bellissima e penso che tutti i genitori dovrebbero leggerla ai propri bambini, anche se certe parti potrebbero fargli un po' paura, ma Barrie si premura di dire subito che ci sarà l'happy ending, per non far spaventare i bambini. A me è piaciuto veramente tanto anche se l'ho letto a 33 anni, lo consiglio a tutti.

The White Rose (The Lone City #2) by Amy Ewing
“The White Rose” è il secondo libro della serie “The Lone City” di Amy Ewing, il cui primo volume dovrebbe uscire in italiano questo autunno per Fabbri Editore. Incerta alla fine del primo libro, dopo un cliffhanger di quelli epocali, non potevo esimermi dal leggere anche il sequel, non quando HarperTeen mi ha offerto l’opportunità di leggerlo in anteprima. In uscita il prossimo 6 ottobre, mi ha lasciato incerta per gran parte del tempo, ma con l’ennesimo colpo di scena finale, mi ha convinto di nuovo.
La crisi del secondo volume è una realtà pericolosa, e questo libro se ne salva a malapena. Ha tutte le caratteristiche di una storia di passaggio, un pezzo di percorso che deve portare da qualche altra parte. Effettivamente se ci si sofferma ad analizzare la situazione, fondamentalmente non succede niente di eclatante.
Un secondo volume un po’ sottotono, con degli spunti interessanti, che prepara allo scontro dell’ultimo capitolo della trilogia. In uscita il 6 ottobre, scorre via veloce verso un epilogo sconvolgente, che non mi sarei mai immaginata.
Tutta la recensione la trovate qui: https://www.goodreads.com/review/show...

Nessun dove
E' il primo libro di Gaiman che leggo e non so quanto sia rappresentativo della sua produzione, è quel fantasy strano in cui si mescolano luoghi reali e luoghi immaginari, in questo caso Londra Sopra e Londra Sotto. Come ho detto è strano ma mi è piaciuto.
E' un libro che scorre via velocemente, l'unica difficoltà che ho trovato è accettare quello che si mangia nella Londra Sotto.
Il protagonista, Richard, non è un eroe ma si trova coinvolto in questa avventura perchè è una persona generosa che decide di aiutare una ragazza in difficoltà. Gaiman è bravo a condurci in un mondo dove tutto è plausibile, dai parla-coi-ratti agli angeli, e a confondere le idee del lettore, di chi ci si può fidare e chi è un traditore? Anche se devo dire che un paio di cose le avevo intuite.

Horse sense di Lapo Melzi
“Horse Sense” è il primo libro di prosa di Lapo Melzi e mi è capitato per le mani tanto tempo fa, quando l’autore mi ha contatto per recensirlo. Purtroppo sono una disgraziata e ho aspettato davvero mesi e mesi prima di decidermi a leggerlo. Dopo un inizio lento e poco accattivante, la storia ha preso piede regalando al lettore un libro molto piacevole, che pone l’attenzione su un tema ahimè incredibilmente attuale, come il bullismo, strappando ben più di un sorriso e non poche riflessioni.
Non amo particolarmente i cavalli, mi hanno sempre affascinato, ma li trovo anche parecchio inquietanti, forse proprio per la loro capacità di capire gli stati d’animo degli esseri umani che gli stanno intorno. Eppure questi giganti sono incredibilmente intelligenti e particolarmente coraggiosi ed è normale che un ragazzino che vive a contatto con loro tutti i giorni sviluppi un legame speciale.
Jamie racconta la sua vicenda in prima persona, soffermandosi sui suoi stati d’animo e le sue paure. È un ragazzino che inizia ad affacciarsi nell’età adulta, timido, ma coraggioso, che inciampa alla ricerca della cosa giusta da fare.
Troppo spesso non ci si rende conto delle torture psicologiche che i ragazzi devono affrontare ogni giorno, troppo spesso si chiude un occhio su fatti gravissimi, troppo spesso si scambia per debolezza un animo gentile e sensibile. Credo che in questo Melzi abbia svolto un ottimo lavoro, intrattenendo, ma allo stesso tempo aprendo gli occhi. Certo penso che il libro sia rivolto ad un pubblico giovane, vista l’età del protagonista, ma potrebbe essere d’aiuto anche a chi ragazzino non lo è più in una spirale di consapevolezza che forse potrebbe aiutare a cambiare le cose.
Un libro intenso, prezioso, su un argomento ancora poco trattato come il bullismo, con una delicatezza e allo stesso tempo una forza unica. Un libro sull’amicizia e sull’altruismo, un libro sul non arrendersi, che di certo porta una speranza ad ogni lettore.
Trovate la recensione completa qui: https://www.goodreads.com/review/show...

Don Camillo: Mondo piccolo di Giovannino Guareschi
Consigliato nei consigli di lettura di aprile 2015: https://www.goodreads.com/topic/show/...
Sapevo che con Don Camillo e Peppone avrei riso, ma non pensavo di ridere così tanto. Ho addirittura esitato perché volevo dargli cinque stelle, ma mi sono trattenuta perché, per quanto sia un capolavoro dell'umorismo, ci sono libri ben più belli che meritano le cinque stelline.
Si tratta di piccole e brevi storie che possono essere lette alternativamente come un romanzo unico o come tanti brevi racconti, sebbene io preferisca quest'ultima opzione. Ma non si può passare tanto tempo fra un racconto e l'altro perché sono così belli che viene voglia di leggerli tutti di seguito.
Una descrizione bellissima e spassosissima dell'Italia dell'immediato dopoguerra, anzi per essere più precisi della bassa padana dell'immediato dopoguerra. Con i comunisti e il clero l'un contro l'altro armati, ma sotto sotto comunque amici, sebbene non si possa dire ad alta voce. O almeno, se non proprio clero e comunisti, almeno i loro rappresentanti del caso, Don Camillo e il sindaco Peppone.
Se siete in un periodo in cui vi sentite un po' giù vi consiglio caldamente questo libro perché vi tirerà su in un baleno, facendoci fare delle meritate e grasse risate, ma facendovi anche riflettere al contempo sulla democrazia.

Mattatoio n. 5 o La crociata dei bambini di Kurt Vonnegut
Seconda edizione della gara d'autore: https://www.goodreads.com/topic/show/...
Questo libro «è così breve, confuso e stonato [...] perché non c'è nulla di intelligente da dire su un massacro. Si suppone che tutti siano morti, e non abbiano più niente da dire o da pretendere. Dopo un massacro tutto dovrebbe tacere, e infatti tutto tace, sempre, tranne gli uccelli.»
Sono parzialmente d'accordo con queste parole di Vonnegut, scritte nel primo capitolo del romanzo. Credo anche io, in parte, che dopo un massacro tutto dovrebbe tacere e tutto taccia, perché i massacri come quello di Dresda sono cose così grosse che non si può pretendere di dire qualcosa su di essi. Eppure, so che è contraddittorio, ma allo stesso tempo penso anche che sia possibile e auspicabile dire qualcosa di intelligente su un massacro. Il silenzio è rispetto e incapacità di dire tanta atrocità, ma parlare è tentativo di capire, di dare voce a quelle centinaia di migliaia di morti.
Perciò, capisco perché il romanzo di Vonnegut sia così confuso, breve e frammentato, ma non capisco il senso del romanzo stesso. Forse semplicemente non è un libro per me, forse ha ragione chi dice che questo libro o si ama o si odia. Io sinceramente ci ho capito ben poco, e di conseguenza non sono stata in grado di apprezzarlo.

La ragazza delle arance
Questo per me è un libro difficile da recensire. La trama è semplice: un padre sapendo di dover morire a breve a causa di una malattia scrive una lettera al figlio di tre anni e questa lettera verrà trovata e letta quando il figlio sarà un adolescente. Scusate se smonto tutta la poesia del libro, ma a me ha fatto male. Purtroppo anche io ho perso il padre dopo una lunga malattia e solo pochi (fortunatamente) possono capire quanta voglia ci sia di poter ricevere una lettera dal passato, una lettera di speranza, di amore e di incoraggiamento. Io credo che non l'avrò mai, sono sicura che non ci sia nessuna lettera per me e allora me la prendo con questo ragazzino che è riuscito a superare la morte del padre mentre ancora io non ce la faccio (e sono passati ormai quasi 15 anni). Mentre il protagonista legge il racconto di questa ragazza di cui il padre di è innamorato (e tutti capiamo chi è dopo poche pagine) io mi domandavo cosa avrebbe scritto a me mio padre se ne avesse avuto il tempo e l'opportunità.. e allora mi fa sempre più male.
Chiudo qua dicendo che lo stile è abbastanza infantile, non so se è perchè a parlare è il figlio o perchè l'autore è stato un po' sopravvalutato. Da non leggere per i deboli di cuore e dalla lacrima facile come me.

Il vangelo secondo Pilato
Avevo sentito parlare di questo libro ma, non conoscendo l'autore, non sapevo cosa aspettarmi.
Perchè un vangelo secondo Pilato? Che senso ha raccontare le vicende di Gesù attraverso gli occhi di Pilato che lo ha incontrato per poche ore pur avendo un ruolo importante? Ecco cosa mi chiedevo prima di iniziare il libro, ora invece non ho dubbi, cinque stelle più che meritate. Non è semplice scrivere di avvenimenti così noti e riuscire ad avere qualcosa di nuovo da dire.
Da questo libro emerge una figura di Gesù/Jeshua diversa da quella ufficiale della Chiesa, un uomo con dubbi e paure su quello che sta facendo e sulla sua stessa persona. Anche Giuda/Jehuda non è solo il traditore che tutti abbiamo in mente.
Di certo da questo libro non mi aspettavo un'indagine, Pilato diventa un detective per scoprire che fine ha fatto il corpo di Jeshua, del mago come lo chiama lui. Come nel più classico dei gialli non mancano i dubbi, i sospetti, le ipotesi e, tra alleati e oppositori, Pilato deve venire a capo di questo mistero. La resurrezione è un'ipotesi troppo pericolosa per poter essere accettata!
In conclusione un bel libro, a tratti anche divertente, soprattutto nella seconda parte mentre Pilato cerca in tutti i modi una soluzione razionale al suo problema e passa dal più profondo sconforto all'esaltazione quando crede di aver finalmente trovato una risposta.
Diversi i protagonisti diverso il modo di raccontare, Jeshua lo fa in prima persona mentre Pilato attraverso le lettere che invia al fratello Tito.
Interessante anche la parte finale, il diario di un romanzo rubato, dove Schmitt racconta come il furto dei suoi pc a romanzo quasi ultimato ha messo a rischio la sua pubblicazione.


The strange and beautiful sorrows of Ava Lavender di Leslye Walton
“The Strange and Beautiful Sorrows of Ava Lavender” è il primo romanzo di Leslye Walton tradotto in italiano come “Lo Straordinario mondo di Ava Lavender” per Sperling & Kupfer che avevo inizialmente snobbato, per il velo di paranormale che avevo capito lo circondasse, ma che ho recuperato per due motivi: per la valanga di recensioni positive, tra cui quella di Mirya, e perché mi sono innamorata della cover. Lo sapete che adoro il blu e quella piuma… beh mi avevano molto incuriosito. Tra l’altro da quando ho letto Magonia ho sviluppato uno strano interesse per volatili e piume. E… ho adorato ogni singola pagina, ogni aspetto di questo libro che è a dir poco meraviglioso. Una piccola, straordinaria chicca.
Vorrei tenermelo per me e rileggerlo da capo, perché ne ho veramente amato ogni dettaglio. Dalle atmosfere, squisitamente vintage, dai personaggi, dalle vicende, allo stile dell’autrice che incanta con le sue descrizioni delicate. Sono pochi quei libri che riescono a sorprenderti alle spalle, soprattutto quando parti del tutto prevenuto. Non avrei mai immaginato di restare incantata dalle vicende di questa famiglia.
Adoro le saghe familiari, mi lasciano sempre quel senso di nostalgia unito a tenerezza, con le tradizioni che si tramandano di generazione in generazione e se le stranezze sono all’ordine del giorno poi, rendono il tutto ancora più affascinante. La vicenda è raccontata da Ava, una ragazzina speciale, nata con un paio di ali dalle sfumature marroni, che dipinge un quadro che sa di malinconico e doloroso. Ogni donna della famiglia, infatti, è rimasta scottata in qualche modo dalla vita, ed è una sopravvissuta. Per raccontare la sua storia, Ava deve raccontare la storia della sua famiglia, che inizia in una Francia di inizio Novecento, per approdare in una Manhattan che non ha nulla della fantasmagorica città che i Roux immaginavano e continua per le strade di un’America che si trascina tra due guerre per arrivare ai ruggenti anni cinquanta.
Non è un libro facile di certo, perché pur tra tanta speranza, e intense emozioni, il dolore della tragedia che si abbatte su questa famiglia è enorme e quasi impossibile da superare, ma tra pioggia che non cade, arrivi e partenze, morti e matrimoni, ogni personaggio è funzionale ad un intreccio mirabolante, ad una soluzione narrativa che apre le porte alla speranza, in modi che non avrei davvero mai immaginato.
Un libro intenso, un caleidoscopio vivacissimo di personaggi ed emozioni, per una storia che non si dimentica, si sedimenta nel cuore, e invita a riflettere. Un libro meraviglioso, come me ne sono capitati pochi in questo periodo, da leggere e rileggere e di cui innamorarsi un po’ di più ad ogni pagina. Leggetelo, non ve ne pentirete.
Trovate la recensione completa qui: https://www.goodreads.com/review/show...

Neve di Orhan Pamuk
Ho amato tantissimo Il mio nome è Rosso, mentre gli altri libri che ho letto di Pamuk hanno raggiunto appena la sufficienza, e questo non fa eccezione.
La scrittura è come al solito elegantissima e da sola fa guadagnare punti al libro, ma il romanzo in sé l'ho trovato un po' ostico.
Ka, un poeta turco di Istanbul che vive a Francoforte, si reca a Kars, in Anatolia, per indagare sui suicidi di alcune giovani donne e per convincere Ipek a sposarlo e seguirlo in Germania. A un certo punto, dopo uno spettacolo teatrale, la situazione degenererà.
Il tema è il conflitto fra adesione ai principi islamici e alla sharia e occidentalizzazione. Le ragazze si suicidano perché in università è proibito portare il velo e loro non vogliono mostrarsi a capo scoperto. Un laicismo, come quello francese, portato agli estremi e che a me, da laica, non piace molto in quanto diventa un'altra forma di oppressione per coloro che vogliono comportarsi diversamente, aderendo ai valori della propria religione.
Inoltre Orhan scrittore indaga sul suo amico Ka poeta, diventando così un romanzo postmoderno in cui nel romanzo si parla della costruzione del romanzo stesso.
Tutto ciò è molto interessante ma mi pare che Pamuk sviluppi le sue idee in maniera un po' intricata, che mi ha reso il libro difficile da seguire e comunque un po' pesante.
Non lo consiglierei a chi volesse avvicinarsi ai libri di questo autore.

Ribelli!
Chi è veramente un ribelle? Perchè questa parola ha un tono così marcatamente negativo? Uno che vuole diritti uguali per tutti, che non ama i sopprusi e che vorrebbe vedere la una giustizia equa è forse da considerarsi un ribelle? Io piuttosto, al mondo d'oggi, lo definirei un eroe o forse ancora meglio una persona utopica. Sì, perchè la storia di ieri e di oggi ci racconta che l'uguaglianza non esiste, che noi esseri umani, e voglio essere ancora più impopolare dicendo noi italiani, il fatto di essere tutti uguali proprio non ci piace. Oggigiorno ognuno cerca di mettere nel sacco il suo prossimo, di avere più del vicino e cercare di aggirare la legge diventa il nostro sport nazionale. Scusate lo sfogo, ma proprio non mi va giù, non mi va giù che al mondo d'oggi tutti si almentano ma nessuno fa nulla, mica come questi personaggi qua, mica come tanta gente descritta in queste poche pagine, che ha cercato di migliorare il mondo in cui viveva.. Questi nomi sono davvero pochi, mi hanno toccato soprattutto i nomi dei nostri italiani, gente che ha combattutto per un'Italia migliore, per un'Italia senza dittature e poi ci facciamo prendere in giro da quattro marionette in parlamento. Oramai l'unico modo per noi di ribellarsi è quello di scendere in piazza, ma vedo sempre più ignoranza tra i giovani, nessuno che ricorda quello che i nostri nonni hanno fatto per garantirci una democrazia. Il governo vuole una massa di gente ingorante per gestirla più facilmente e mi dispiace ammettere che ci stanno riuscendo.
Detto questo l'ultimo capitolo su Jim Morrison Cacucci se lo poteva benissimo risparmiare invece bellissimo l'omaggio a Imma Bandiera.

ringrazio Dodibus per avermi dato modo di colmare questa mia grande lacuna letteraria!
https://www.goodreads.com/book/show/1... - Apologia di Socrate
Ho sempre creduto di non essere una persona filosofica, che i filosofi fossero solo gente che non aveva altro da fare che interrogarsi se ci sono o meno e se io non sono allora cosa sono?
Insomma, per farla breve quando ero più ragazzina pensavo che certa gente non aveva nulla da fare e che i filosofi fossero tutti figli di papà. Adesso, sarà forse per colpa dell'età che avanza o forse per quel briciolo di saggezza che si sta infondendo anche in me, ritengo che certe letture siano dei veri e propri capolavori.
Ho trovato questo dialogo/monologo di una bellezza disarmante. Socrate sapeva già quale era la sua fine, ma monostnte tutto non fa nulla per farsi paicere dai giudici, in alcuni tratti l'ho trovato pure sfrontato al limite dell'arroganza, ma a mio avviso come si poteva dargli torto? Lo volevano morto, era un personaggio scomodo, che cercava di far ragionare con la propria mente i giovani e i meno giovani che lo ascoltavano, e visto che stava diventando un personaggio scomodo perchè non metterlo a tacere? Chissà perchè questa storia mi sembra tanto attuale..
Chiudo con la frase forse più famosa, e nonostante il contenuto non credo di spoilerare nulla, anzi, vi invito alla lettura di questo capolavoro di circa 2400 anni fa.
"Ma già ora è di andare: io, a morire; voi, a vivere.
Chi di noi andrà a stare meglio, occulto è a
ognuno, salvoché a Dio."

https://www.goodreads.com/book/show/2...
La famosa invasione degli orsi in Sicilia
Dino Buzzati nato ad ottobre
Appena ho iniziato a leggerlo mi ha fatto venire in mente Il piccolo principe, ho pensato subito che sarebbe stato un racconto adatto sia ai grandi che ai piccini, ma più andavo avnti a leggere e meno lo trovavo infantile. Si rivolge ai bambini ma i veri destinatari siamo noi adulti. Ci sono tanti modi di raccontare ai bambini il bene e il male, questa volta ho trovato il racconto troppo diretto, o forse è bene che i bambini si rendano conto di quanto stiamo diventando cattivi ed egoisti? Insomma, sono nel dubbio, non so se lo leggerei ai miei figli (che non ho), o almeno aspetterei che fossero già grandicelli.
La seconda parte del libro è la più bella, ricca di spunti di riflessione molto attuali. Più vado avanti con l'età e più mi rendo conto che vorrei tornare anche io alle origini anche se oramai le comodità tecnlogiche mi affascinano sempre più. E allora credo che bisognerebbe creare un giusto equilibrio, dove dovrebbe vigere la legge del buon senso, ma è pura utopia perchè ci saranno sempre orsi come l'orso Salnitro, assetati di potere e di ricchezza che farebbero di tutto pur di arrivare ad avere tutto.
Lettura piacevole e veloce, carine le filastrocche.

Il rifugio dei cuori solitari
Mi dispiace dare solo tre stelline a questo libro che, per il tema affrontato, ne meriterebbe cinque ma purtroppo non mi ha convinto fino in fondo. Alcuni refusi, non troppo gravi, ma comunque fastidiosi e alcune scelte nella traduzione hanno reso, secondo me, poco scorrevole questo libro.
La storia ruota attorno ai tentativi di Rachel, neo proprietaria di un canile ereditato dalla zia Dot, e di Megan la sua dipendente di trovare una nuova casa ai cani abbandonati e la star del canile è Bertie il Bassett Hound perennemente affamato e che, da grande attore, si mostra sempre triste tanto che ti vien voglia di entrare nella storia per coccolarlo. Ovviamente ci sono anche protagonisti umani, le persone che vogliono adottare i cani, i volontari, la famiglia di Rachel e il passato di zia Dot, forse un po' troppe cose e nessuna è approfondita come piace a me.
I cani sono i veri protagonisti di questo libro che lancia un messaggio importante, NON SONO GIOCATTOLI, non si può regalare un cane o decidere di prenderne uno a cuor leggero. Un cane ti cambia la vita e non tutti i cambiamenti sono facili. Io ho sempre avuto cani e gatti fin da piccola e so bene che non è sempre facile, hanno bisogno di cure e attenzioni e non possono essere lasciati soli troppo a lungo, i nostri animali dipendono da noi.

Io sono un gatto di Natsume Sōseki
Il libro racconta le avventure e disavventure di alcuni amici giapponesi nell'era Meiji, agli inizi del Novecento, dal punto di vista di un gatto. Non è chiaro se il vero protagonista di questo romanzo sia il gatto o il gruppo di amici, dato che le loro avventure occupano pari spazio, ma secondo me è il gatto ad avere maggiore importanza, anche perché tutto passa sotto il suo attento vaglio.
All'inizio l'ho trovato molto divertente, ci sono delle scene memorabili come quella in cui il gatto decide per la prima e ultima volta in vita sua di acchiappare dei topi e c'è una rocambolesca lotta con due di essi, che lo attaccano a morsi da tutte le parti (sì, i topi al gatto, non viceversa).
Dopo un po' però le avventure del gatto e dei suoi amici umani mi sono venute un po' a noia, anche perché non ho proprio capito dove questo libro volesse andare a parare. Nel senso che molti degli avvenimenti che il gatto narra sono slegati fra loro, c'è sì un filo conduttore che è quello del possibile, eventuale matrimonio fra Kaneda Tomiko e Kangetsu, ma alla fine anche questo cadrà senza tanti convenevoli.
In un certo senso si può dire che questo sia un libro composto a vignette, per cui il gatto si limita a narrare alcuni degli avvenimenti che ritiene più interessanti o divertenti, oltre che ovviamente quegli aspetti della sua vita che reputa importanti e anche edificanti per il lettore. Se lo si prende per questo verso il libro è piacevole, ma non lo si può dire allora romanzo vero e proprio.
Ho comunque abbassato il voto a tre stelline perché alla lunga il libro è davvero noioso.

To kill a mockingbird (Il buio oltre la siepe) di Harper Lee
“To kill a mockingbird” è il famosissimo romanzo di Harper Lee tradotto in italiano come “Il buio oltre la siepe”. Uscito nel 1960, è una di quelle storie dal valore universale, che supera il suo tempo e parla a tutti, anche e soprattutto oggi. Il libro infatti è nella lista dell’ALA come proibito dalle scuole e di certo non è un libro che passa in osservato e di fatti solo un anno dopo la sua prima pubblicazione, nel 1961 vince il premio Pulitzer. Tra l’altro lo scorso luglio per HarperCollins è uscito un sequel “Go Set a Watchman” ambientato 20 anni dopo i fatti di “To kill a mockingbird”, la cui traduzione italiana uscirà il 19 novembre con il titolo “Va’, metti una sentinella”. Insomma un romanzo da conservare nel cuore.
È un peccato come abbia passato anni e anni senza conoscere questo libro. Ed è un peccato che lo abbia letto in lingua, perché purtroppo il linguaggio un po’ desueto e la parlata del sud degli Stati Uniti mi ha un po’ rallentato la lettura. Ma adoro leggere in lingua perché permette di cogliere sfumature che a volte, inevitabilmente, si perdono con la traduzione. Ma Harper Lee ha descritto una storia talmente universale che è impossibile non innamorarsene, è impossibile non riconoscerne la grandezza. Sono pochi quei libri che sembrano svegliarti dal torpore e aprirti gli occhi e questo è uno di quelli. La scelta di affidare la narrazione alla piccola Jean Louise Finch, soprannominata Scout, sia stata vincente, perché in qualche modo ci facilita la comprensione degli eventi, anche quando sembrano più grandi di questo scricciolo di bambina, affondata nella cultura dell’Alabama degli anni trenta e cresciuta con la convinzione che si, esiste un’unica categoria di persone, la gente. C’è poco da fare, non c’è pregiudizio che regga ai suoi occhi, ma a quelli della comunità ogni differenza cresce per fagocitare ogni briciolo di verità e di giustizia.
Un libro che parla dritto al cuore con il cuore di una bambina e una verità universale da proteggere, una storia meravigliosa e terribile, incredibile e sconvolgente, che sfugge a qualsiasi definizione e resta a scongiurare di cadere negli stessi errori, che implora di avere una mente libera da pregiudizi e abbracciare il diverso. Una storia tanto vera quanto attuale. Da leggere, assolutamente.
Trovate la recensione completa qui: https://www.goodreads.com/review/show...

https://www.goodreads.com/book/show/6...
La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo
- sfida over 500 pagine
- sfida scaffale traboccante (inserito l'8/4/2014)
- gr 100 - fiction
- personal reading challenge (M=Martini - il mio cognome)
- esimio sconosciuto
Questo libro è a dir poco fantastico, davvero bello e intenso.
La storia viene raccontata dai due protagonisti principali: Henry e Clare. Henry, a causa di un disturbo genetico riesce a viaggiare nel tempo e a rivedere scene già vissute e altre che devono ancora accadere. La sua vita non è facile ma è ancora più difficile la vita di Clere, la moglie dell'uomo che viaggia nel tempo.
Oltre il racconto che a mio avviso è scritto benissimo, mi è piaciuto molto come l'autore (che ancora non ho capito come si pronunci) abbia trattato temi molto sensibili, come l'alcolismo, le droghe e l'aborto.
E' un libro molto più ricco di contenuti di quello che uno si aspetterebbe e poi torno a dire che la lettura è così scorrevole che le ultime pagine te lo divori proprio per sapere come va a finire. Cinque stelle meritate!

Sense and Sensibility
Mi piace leggere la Austen in lingua originale, la trovo una scrittura semplice ma comunque molto ben strutturata.
Ho apprezzato molto di più la lettura di "Pride and Prejudice" perché più frizzante, ma la caratterizzazione dei suoi personaggi mi colpisce sempre. Mi piace il fatto che sia Elinor che Marianne (Elinor equivale alla ragione e Marianne al sentimento) non siano estremizzate come potrebbe essere semplice fare, ma che sembrino due personaggi perfettamente reali, dove ognuno ci si può ritrovare a seconda di come sia (più razionale o più impulsivo).
Mi soffermo spesso a pensare a come non avrei potuto sopportare un'esistenza in quel periodo storico in quanto donna, ma ne apprezzo comunque il fascino. La domanda, però, mi sorge spontanea: ma come facevano a far passare le giornate???

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve
Per tre quarti il libro mi ha divertito tantissimo. Esilarante per tante piccole chicche e per le situazioni più disparate che si susseguono.
Una delle più divertenti secondo me è questa:
“Le posso parlare un attimo, sir?” “Parla,” sbottò lui.
“Preferibilmente a quattr’occhi, sir.” “Cazzo, sei identico a Humphrey Bogart! Sei d’accordo, Allan?” “Sir…” insistette un po’ a disagio il capo della sicurezza.
“Che cazzo c’è?” sibilò il vicepresidente.
“Sir, si tratta del presidente Roosevelt.” “Che problema ha adesso quel vecchio caprone?” gracchiò.
“È morto, sir.”
Verso i due terzi del libro, però, ha iniziato quasi ad annoiarmi e non vedevo l'ora che mi si raccontasse come andava a finire e soprattutto che si ricongiungessero i due racconti nati in parallelo (quello sul passato di Allan e quello sul presente).
Tre stelline... a dire il vero tre stelle e mezza. Forse se fosse stato più breve avrei potuto concedergli di più.

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Romeo and Juliet 5*
Più che una lettura questo è stato un ripasso d'inglese. Visto che la storia mi era già ben nota mi sono aiutata con un audiobook e ho riletto il testo cercando di migliorare la mia pronuncia. Devo dire che mi è proprio servito, l'inglese di Shakespeare non è dei più semplici, ma grazie all'unione di testo scritto e letto ho potuto apprezzare il ritmo e la sonorità di ogni verso.
ATTENZIONE SPOILER (sempre che ci sia qualcuno che non conosce ancora la trama)
Certe volte, quando i ragazzini dicono di volere una storia d'amore alla Romeo e Giulietta mi viene da chiedere: ma voi l'avete mai letto il libro? Vorreste davvero una tragica storia d'amore? Lo sapete che dura solo qualche giorno e finisce male? Io non so davvero se mi sarei tolta la vita per amore, credo proprio di no, ma questa è la storia d'amore per eccellenza e non poteva andare diversamente. Il mio personaggio preferito era e rimane Mercutio, i dialoghi in cui è coinvolto sono davvero i più divertenti e irriverenti di questa romantica tragedia.

Libro letto durante la sfida a tema attualmente in corso
Le tour du monde en quatre-vingts jours di Jules Verne
Mi aspettavo sinceramente un libro più bello, ma si è aggiudicato comunque 3 stelline. Le avventure di Phileas Fogg e del suo domestico Passepartout intorno al mondo sono simpatiche e divertenti quel tanto che basta da farmi apprezzare il libro. Phileas Fogg, con tutta la sua freddezza e flemma inglese, è un personaggio sicuramente interessante per quanto irritante nel suo voler risolvere tutto con il denaro. Passepartout è deliziosamente comico. In generale l'ho trovato un libro a tratti razzista (si pensi alla descrizione degli indù e dei Sioux), a tratti non molto amico delle donne (ma vogliamo parlare di una donna che si innamora di un uomo solo perché l'ha salvata?), ma comunque godibile se si tiene conto del fatto che è stato scritto nell'Ottocento, e quindi difficilmente ci si poteva aspettare un capolavoro di pari opportunità e uguali diritti.

Annientamento (Trilogia dell'Area X #1) di Jeff VanderMeer
“Annientamento” è il primo volume della “Trilogia dell’Area X” di Jeff VanderMeer portata in Italia da Einaudi e di cui il 6 ottobre è uscito l’ultimo volume. Me ne sono invaghita dopo aver visto diverse recensioni positive e la parte sci-fi unita a quella post-apocalittica mi hanno convinta che fosse il libro giusto per me. E meno male, perché questa storia mi ha intrigata da subito, portandomi in un mondo strano e irreale dove scoperte e rivelazioni si uniscono a un percorso arcano in un mondo sconosciuto. Un libro inquietante, in cui l’evoluzione assume tutto un altro significato.
La storia viene raccontata sotto forma di diario dalla protagonista identificata solo come “biologa” il suo lavoro, il suo compito, il suo scopo primario. È lei che accompagna il lettore alla scoperta dell’Area X, lei che ci descrive paesaggi e impressioni, lei che rivela i suoi pensieri e le sue rilevazioni. È il quarto membro di una spedizione, la dodicesima, che si avventura all’interno dell’area. La Biologa è una donna solitaria, che ha sempre preferito osservare habitat della natura che la circondava piuttosto che avventurarsi in rapporti umani. Le sue osservazioni, frutto dell’esperienza sul campo si arricchiscono di dettagli, sempre relativi a flora e fauna, in un ambiente che di ostile ha molto.
Tutti sanno, nessuno conosce. La biologa cerca e indaga, desiderosa di conoscere la verità, quella verità che sfugge a tutto anche a sé stessa. Ed è proprio questo che mi ha conquistato, questo scavare in profondità, il ritmo incalzante, la voglia di andare avanti e scoprire nuovi stralci di informazioni, da mettere insieme per avere un quadro più completo.
Lo stile di VanderMeer è avvincente e intrigante, il diario della biologa è ricco e dettagliato, sempre nuovo, con un incredibile quantità di colpi di scena che rendono la lettura appassionante e senza compromessi. Le descrizioni dell’Area X sono curatissime e vivide, con una grande attenzione ai dettagli e a tutte quelle creature che catturano l’attenzione della biologa. Ogni particolare è importante, tutto sembra convergere verso la scoperta finale, con quello spaccato che inquieta e supplica più informazioni.
Una storia pazzesca, consumante, che tiene desta l’attenzione, arzigogolata, dal ritmo incalzante, un vortice di informazioni e descrizioni accuratissime, che sconvolge e inquieta, lasciando a bocca aperta il lettore, incredulo e sconcertato. Tantissime domande che non hanno ancora risposta, per un primo volume stupefacente. Bramo gli altri volumi, per immergermi ancora nei segreti dell’Area X. Per chi vive di scienza e per chi di scienza non capisce niente.
Trovate la recensione completa qui: https://www.goodreads.com/review/show...

Ricordi di Parigi
A volte, tra i libri di pubblico dominio, si fanno delle scoperte interessanti.
Fino ad oggi conoscevo De Amicis solo per Cuore ma ho scoperto che ha scritto molto e di vari argomenti.
In questo caso ci racconta la sua esperienza a Parigi in occasione dell'esposizione univerale del 1878.
Comincia descrivendoci il primo giorno a Parigi, le meraviglie che la città offre agli sguardi ammirati dei turisti, i profumi, le luci, i palazzi, le persone tutto è affascinante tanto che non si vorrebbe mai andare a riposare.
Prosegue poi con un secondo capitolo dedicato interamente all'esposizione universale, anche qui grandi meraviglie, al Trocadero si può fare il giro del mondo in poco tempo e spazio. Le emozioni descritte da De Amicis non sono poi così diverse da quelle che ho provato io stessa a visitare l'Expo e ne son passati di anni da allora! Sembra di camminare fianco a fianco dell'autore mentre descrive i padiglioni, quelli ricchi e quelli poveri, la moltitudine di persone di ogni razza e colore, le scoperte tecnologiche che oggi noi diamo per scontate.
In queste descrizioni si svela un De Amicis osservatore attento e ironico, mi sono ritrovata più volte a sorridere, e come tutti i trentenni un'attenzione particolare è data anche alle belle signore che incontra sul suo cammino.
Riprende poi a parlare di Parigi nell'ultima parte del libro, sono passati alcuni mesi dal suo arrivo in questa città e il suo fascino non è più quello dei primi giorni, la città non appare più così spendente, forse è la nostalgia che parla. Le descrizioni non sono più ironiche ma cupe e sembra di essere soffocati dalle vie, dai palazzi e dai parigini.
I capitoli centrali sono dedicati a due incontri che De Amicis ha avuto a Parigi, il primo con Vittor Hugo (non ho sbagliato a scrivere, nell'Ottocento usava così) il secondo con Emilio Zola. Due incontri molto diversi, il primo con il grande maestro davanti al quale De Amicis non riesce a spiccicar parola e ha l'impressione di fare la figura dello stupido. Con il quasi coetaneo Zola l'incontro va decisamente meglio tanto che viene voglia di leggere le sue opere.
La difficoltà iniziale di questo libro è la lingua italiana di fine ottocento, parole scritte in modo diverso da oggi o non più usate, ma nulla che non si supera continuando a leggere. Ne esce un ritratto non solo della città di Parigi ma anche dell'autore stesso che ci svela le sue passioni letterarie e il suo amore per questa città.

Ricordi di Parigi
A volte, tra i libri di pubblico dominio, si fanno delle scoperte interessanti..."
Sembra un libro interessante... grazie Lilyth per la tua recensione

Nella libreria di Anna [Floanne]: https://www.goodreads.com/review/list...
Il mio primo, e finora unico, approccio a Christopher Moore è stato Il vangelo secondo Biff. Amico d'infanzia di Gesù, che decisamente non è fra i miei libri preferiti. Perciò è stato con un po' di esitazione che mi sono avvicinata a questo romanzo, che mi era stato consigliato da un'amica in un periodo per me brutto, come modo per tirarmi su di morale.
E invece il libro mi è piaciuto tantissimo! È molto dark e oscuro, ma incredibilmente divertente. Per tutto il libro non ho potuto fare a meno di pensare a un film basato su questo libro girato da Tim Burton, anche se purtroppo non succederà perché, stando almeno a Wikipedia, i diritti sono stati acquistati da Chris Columbus.
Comunque, la storia è ben nota e non c'è molto di nuovo che io possa dire, se non appunto che è un libro veramente bello, macabro e divertente, perfetto tra l'altro per il mese di Halloween. Non vedo l'ora di leggere il seguito!

Lettera di una sconosciuta 5*
Una lettera che porta dentro di sè tutto l'amore e le speranze di una donna, di una donna che ha donato tutta la sua anima a quest'uomo borghese vicino di casa. Si può viviere questo libro come un racconto d'amore eterno, invece io ci ho letto tanta amarezza e tristezza. Questa donna, di cui non sapremo mai il nome, ha amato per tutta la vita un uomo che non l'ha mai riconosciuta e apprezzata, l'ha sempre trattata con indifferenza e superficilità.
Questo mi fa pensare a quante volte camminiamo per strada e non degnamo nessuno di uno sguardo più attento e profondo, non diamo tempo di spiegare a nessuno e forse non vogliamo neppure ascoltare quello che gli altri vorrebbero dirci. Stiamo diventando insensibili e neppure ce ne rendiamo conto. Ci arriva un regalo e neppure ci domandiamo chi possa essere stato. Più scrivo questa recensione più sale in me un senso di tristezza e vuoto. Quanti "invisibili" ci passano accanto e noi continuiamo avanti senza voltare lo sguardo, ognuno con i propri pensieri e problemi, senza più chiedere al nostro vicino di casa come va, figuriamoci con uno sconosciuto che magari ci tendo una mano in cerca di aiuto.
Ok basta, sto diventando troppo pessimista, ma rimane comunque il senso di vuoto e tristezza che questa lettera mi ha lasciato addosso.

Libro con un nome proprio nel titolo
L'Agnese va a morire di Renata Viganò
Sono partita nella lettura pensando che questo sarebbe stato un libro bellissimo, invece è semplicemente un libro bello. Forse per "colpa" mia, perché in questo periodo di cose così pesanti non ho molta voglia, eppure l'ho letto lo stesso, pur sapendo che certo un libro sulla Resistenza non sarebbe stato leggero.
Il libro è questo: l'ennesimo romanzo sulla Resistenza, come ce ne sono tantissimi, eppure si differenzia dagli altri in quanto qui la protagonista è una donna, l'Agnese, di cui ci viene subito svelata la sorte nel titolo. Una bella idea, perché anche tante donne sono state partigiane, eppure nella letteratura non vengono molto celebrate.
L'Agnese è una donna di 50 anni, che per l'epoca vuol dire una vecchia; i tedeschi le portano via il marito in un rastrellamento e lei rimane sola, senza più uno scopo perché tutta la sua vita era il marito. Decide così, in maniera del tutto naturale come se altre scelte non fossero possibili, di unirsi ai partigiani e fare la staffetta per loro, un ruolo molto importante.
Il libro è molto pieno di sentimenti, nel senso che sembra di toccare con mano il dolore dell'Agnese per tutte le perdite che subisce. Inoltre dà un bello sguardo sulla vita dei partigiani, soprattutto in quella zona paludosa come sono le valli di Comacchio. Eppure secondo me non apporta niente di nuovo alla letteratura della Resistenza, né del resto io ho un grande amore per il neorealismo, purtroppo non è proprio il mio genere.
Comunque un bel libro che sono stata contenta di leggere.

Trainspotting
Un libro difficile, soprattutto la prima parte. E' difficile per il tema, ma soprattutto per la forza descrittiva che trasforma ogni scena in immagini, ancora meglio di quanto abbia fatto il film da cui è stato tratto (a proposito del film, io devo ammettere che proprio non l'ho sopportato e non so come mai mi sia voluta cimentare nella lettura di questo romanzo ma da un certo punto di vista ne sono felice).
Per chi, come me, è cresciuto negli anni '80/'90 non può non esserci anche solo una immagine di un drogato nella propria memoria e rievocarle in modo anche molto brutale come con questo romanzo scuote veramente.
Nella seconda metà del libro i racconti si fanno meno sconclusionati e meno "drogati", proprio come l'evoluzione di alcune voci narranti e quindi la lettura diventa un po' più piacevole, lasciando lo spazio a sempre meno episodi disgustosi ed andando più nel profondo dei personaggi.
L'episodio che più mi ha toccato è "Sangue marcio" (view spoiler) .
Molto difficile rimanere impassibili a questa lettura, che all'inizio ci fa chiedere come possa essere definita un capolavoro ma che alla fine si fa riconoscere per quello che è effettivamente: un duro spaccato su un'epoca e su una generazione.

Un libro nel cui titolo compaia un aggettivo di nazionalità
The English Patient di Michael Ondaatje
Non ho visto il film Il paziente inglese e non ero particolarmente attratta da questo libro, ma ho deciso di leggerlo per un motivo tanto semplice quanto banale: perché l’autore, Michael Ondaatje, è nato in Sri Lanka nonostante viva in Canada da molti anni, e il libro mi serviva dunque per il mio giro del mondo.
Sta di fatto che questo romanzo non mi è piaciuto per niente e, per quanto abbia sentito dire da più parti che il film è molto più bello, non mi viene voglia di vederlo, almeno per il momento.
Il libro si salva dall’insufficienza totale solo perché lo stile di Ondaatje mi è piaciuto molto, l’ho trovato molto lirico e dolce. Ma non si può valutare un romanzo per il solo stile di scrittura, pertanto il libro resta comunque insufficiente ai miei occhi, per quanto non finisca nell’elenco dei libri più brutti mai letti. Di sicuro però finisce in quello, ipotetico, dei più noiosi.
Ci ho messo una settimana a leggere un romanzo di 300 pagine, che per i miei standard di lettura è tutto dire. Non che si debba per forza leggere velocemente, ma il fatto è che io leggo velocemente, e quando questo non avviene è segno inequivocabile che il libro ha qualcosa che non va ai miei occhi.
La storia è nota quindi non la ripeterò, il fatto è che non ho capito bene dove questo romanzo volesse andare a parare. Voleva raccontare una, anzi due, storie d’amore? Voleva parlare del periodo caotico verso la fine della seconda guerra mondiale? Voleva parlare della vita dei partecipanti alla guerra? Voleva parlare della bruttura della guerra? Probabilmente voleva fare tutte queste cose insieme, e molte altre ancora, ma le fa, a mio avviso, molto male.
La pecca principale di questo romanzo è il suo essere terribilmente noioso, irrevocabilmente noioso. Racconta gli avvenimenti con molto lirismo ma con zero passione, se questo vi sembra possibile. Non fa venire nessuna voglia di “vedere come va a finire”, di scoprire cosa succede dopo, come si avviluppano i fili del destino dei personaggi. Fa tutto con un passo molto, troppo lento, con un incedere rallentato e sonnacchioso, che sicuramente sarà voluto ma non fa proprio per me.
In definitiva non ci voglio neanche sprecare troppe parole, perché a mio avviso questo sopravvalutatissimo romanzo non le merita.

The Innocence of Father Brown
Difficile da commentare dato che non mi è piaciuto proprio per niente.
Non ho molta "esperienza" con la lettura di gialli classici, ma alcuni racconti di Sherlock Holmes li ho letti e mi sono piaciuti molto mentre questo proprio è stato un peso. L'ho letto in lingua originale e sinceramente l'ho utilizzato come mera esercitazione della lingua perché i racconti in sé non mi dicevano nulla: casi abbozzati e di colpo in bianco questo prete silenzioso se ne usciva con la sua soluzione del caso senza troppi ragionamenti.
Non so... forse avendo letto solo pochi gialli classici non riesco a farlo rientrare nelle mie corde...

Carry on di Rainbow Rowell
“Carry On” è l’ultimo libro di Rainbow Rowell, uscito il 6 ottobre, che nasce come spin off in qualche modo di Fangirl. Simon Snow e Baz Pitch, infatti, sono i protagonisti della serie di libri per ragazzi che Cath fanfictionizza proprio in Fangirl. La Rowell è rimasta talmente affascinata da questa coppia di personaggi che ha deciso di scrivere un libro incentrato sulle loro avventure. Fin da quando ho saputo che lo avrebbe scritto ne sono rimasta affascinata e l’ho bramato così ardentemente che aspettare per iniziare a leggerlo è stata una sofferenza. E dopo l’iniziale lentezza dovuta al fatto che la storia riecheggiava troppo Harry Potter, mi sono innamorata delle atmosfere e dei personaggi, pur con i limiti della storia. Un successo a metà…
Ciò che rende unico nel suo genere “Carry on”, però, sono le sue radici. Non solo è una storia su un prescelto, imperfetto e fallibile, dolce e imbranatissimo, ma è la messa su carta di una storia dentro la storia, di un salto di fantasia, che non solo omaggia il mondo dei fan e dei fandom, ma si nutre di fanfiction, in un processo talmente contorto da risultare geniale. E Rainbow Rowell riesce a sfangarla. Probabilmente questo non è il suo lavoro più riuscito, ma di certo ha scritto una storia godibile, interessante, arzigogolata, che mi ha confusa più volte. Quando credevo di essere riuscita a capire cosa diamine stava succedendo, un colpo di scena mandava all’aria tutte le mie teorie e mi toccava ricominciare da capo. E seppur le assonanze sono forti, pure la Rowell riesce a costruire la sua storia, talmente unica da avere perfettamente senso.
La scelta più rilevante è quella di alternare il pov del protagonista Simon Snow, a quello dei comprimari principali, Baz, dal nome altisonante e una spiccata antipatia per Snow, Agatha, la sua ragazza stufa di aspettare il glorioso lieto fine per cavalcare insieme nel tramonto e Penelope la migliore amica di Simon, intelligente, coraggiosa, impulsiva e incurante dei pericoli. Ogni personaggio ha il suo ruolo, ognuno di loro la sua importanza nelle vicende.
Ogni aspetto della storia è curato e di certo Simon è un simbolo, come pure Baz. Nessuno dei due è esageratamente buono o cattivo, entrambi sono pieni di difetti ed entrambi finiscono per commettere errori e cadere, inciampare, ma anche rialzarsi per salvare sé stessi e il mondo magico. In un certo senso quando la tregua diventa ben altro, entrambi devono fare i conti con loro stessi e la loro natura in modi che non avrebbero mai immaginato, Simon perché non lo aveva mai neanche nemmeno immaginato, Baz perché non lo aveva mai creduto possibile. E le conseguenze saranno davvero esplosive.
L’ambientazione in quel dell’Inghilterra, stona con il linguaggio prettamente americano della Rowell, ma d’altronde i richiami alla tradizione sono forti. Le descrizioni sono molto vivide e immergersi a Watford è un’esperienza unica, e molto interessante.
Una storia che si immerge nel classico universo potteriano, per stravolgerlo e regalare ai fan la storia su cui hanno fangirlato per mesi. Una storia magica, piena di mistero e scontri, magia e draghi, cadute e speranza, in un mix esplosivo, che nonostante tutto riesce ad essere convincente. Lo stile di Rainbow Rowell resta sempre impareggiabile.
Trovate la recensione completa qui: https://www.goodreads.com/review/show...

Un libro della letteratura migrante in lingua italiana
Il latte è buono di Garane Garane
Il libro parte con la descrizione mitica della nascita di Shakhlan Iman, regina somala che è stata dodici mesi nella pancia della madre. Shakhlan è figlia dell’Iman Omar, Ajuran dell’Azania. Nel corso degli anni, Shakhlan partorisce un figlio, che a sua volta avrà un figlio, Gashan, che è il protagonista di questo romanzo parzialmente autobiografico, insieme alla Somalia.
Gashan ha la fortuna di studiare nelle scuole italiane e si innamora dell’Italia e della sua cultura. Gashan ama il Duce, che gli ha consentito di avere un’istruzione italiana, ama tutto ciò che è italiano e disprezza la Somalia e l’Africa in generale, perché non così raffinate come l’Italia. Finalmente un giorno Gashan avrà la possibilità di andare a Roma, terminate le scuole superiori. Roma però non gli piace, si sente uno straniero, tutti lo chiamano “negretto” e gli parlano usando i verbi all’infinito sebbene il suo italiano sia perfetto e raffinato. Decide così di andare a Firenze, dove si laurea in Scienze Politiche, ma infine abbandonerà l’Italia per Grenoble, dove si laurea in Letteratura italiana e Lingua francese. Anche la Francia gli resterà stretta e deciderà poi di trasferirsi negli Stati Uniti, dove insegna in una piccola università, per poi infine tornare in Somalia in seguito allo scoppio della guerra civile il 31 dicembre 1990.
Le peregrinazioni, l’esilio, insegneranno a Gashan ad amare la sua patria, ma in definitiva il risultato sarà per lui quello di sentirsi straniero ovunque, sia nella sua terra che in altri paesi. L’amore per l’Africa tuttavia non passerà così facilmente.
Accanto alla storia di Gashan vediamo scorrere davanti ai nostri occhi la storia della Somalia, dall’Azania, passando per la colonizzazione italiana, per l’indipendenza e arrivando alla guerra civile. Vediamo anche, in questo libro, i nostri odiosi pregiudizi di europei di fronte agli africani, pregiudizi che venti o trent’anni fa erano di sicuro molto più forti e radicati di adesso, dato che non avevamo ancora – soprattutto noi italiani – l’abitudine di vedere “negretti” in giro per il nostro paese.
Un bel libro che merita di essere letto, anche per cercare di superare i pregiudizi di cui sopra. Tra l’altro, il libro viene definito il primo romanzo post-coloniale scritto in italiano, definizione secondo me molto interessante e che è poi stata quella che mi spinse anni fa ad acquistare il volumetto.
Nota di merito infine per la casa editrice Cosmo Iannone, che pubblica soprattutto libri della letteratura migrante in lingua italiana ed è di grande pregio.

Gatti molto speciali
Primo commento: WOW!!!
Come annotato nella discussione della nostra squadra, avevo gli occhi a cuoricini mentre leggevo questo libro!
Mi è piaciuto davvero molto che Doris Lessing abbia voluto raccontare se stessa attraverso i gatti che l'hanno accompagnata per tutta la vita perché una maniera più intima di raccontare e perché amo tantissimo gli animali ed anche per me i gatti (ma soprattutto il mio "micione" che mi ha accompagnato dai 6 ai 22 anni ed il "patato" Oslo che mi accompagna adesso e che mi sta dando tante cose nuove) hanno svolto un ruolo fondamentale nella mia vita e, secondo me, mi hanno aperto ad un livello differente di sensibilità, come quello che ho riscontrato tre le righe scritte dalla Lessing.
Mi sono rivista molte volte con gli stessi occhi dell'autrice nell'osservare i suoi compagni di vita e, soprattutto, nel suo desiderio di voler condividere un linguaggio con questo animale che ci osserva e ci da tanto ogni singolo istante della sua breve (purtroppo) vita.
Anche io come lei mi sono posta tante volte la questione: "chissà cosa vedono davvero i gatti".
Scusate se al momento mi soffermo solo sull'aspetto strettamente legato ai gatti, ma è quello che più prepotentemente si fa avanti, mentre la vita vera e propria della Lessing entra in punta di piedi per sedimentarsi ad uno strato più profondo. A fine libro mi sembrava di conoscerla da anni e di sapere che avrei potuto tranquillamente prendere una tazza di te assieme a lei e non smettere di parlare di gatti.
Come i gatti che l'hanno accompagnata, anche lei mi ha dato la sensazione di essere una donna che ha visto tante cose nella propria vita ed a tutte ci si è sempre ben ambientata, proprio come un gatto si ambienta in ogni situazione.

San Isidro Futból
4*
A San Isidro non esiste neppure una chiesa, non si sa bene a quale giurisdizione appartenga il paese, ma non portrebbe mancare una squadra del nuovo sport che si sta diffondendo ovunque: il futbol.
Quintino è il "matador", o come diremmo noi, il fuoriclasse della squadra che non può neppure pensare di sposare la sua bella Adriana priam della fine del campionato.
Durante una partita Quintino cade vicino a una striscia del campo da calcio e dopo poco la sua vita e quella del suo paese verrà completamente stravolta.
Non voglio anticipare nulla... ma riconosco che Cacucci sia la migliore scoperta di quest'anno, un autore frizzante e dinamico. Un autore che riesce a scrivere senza tanti orpelli e che riesce a rendere tutto un misto tra ironico e drammatico.
Consigliato.

Il racconto dell'Isola Sconosciuta di José Saramago
Ho comprato questo libro perché ne sono rimasta vittima in un innocente giro in libreria. Non avrei mai immaginato che un volumetto tanto innocuo mi avrebbe colpito così tanto. Il libro è una fiaba che racconta della perseveranza nel raggiungere i propri sogni e la ricerca di sé stessi che inizia proprio dall'uscire fuori dalle proprie convinzioni, dallo scoprire nuove prospettive. Il protagonista è un avventuriero che cerca una barca per affrontare un viaggio tanto meraviglioso quanto terribile. Perseveranza e voglia di novità lo spingono a non fermarsi in una lotta per raggiungere il suo obiettivo e scoprire chi è davvero e cosa vuole. La scrittura di Saramago è scorrevole e molto piacevole e racchiude tutto un mondo nelle sue pagine. La vera chicca comunque restano le illustrazioni che arricchiscono il racconto di particolari unici in cui il lettore si perde in un incanto unico.
L'ambientazione astratta, tipica delle fiabe, rende la storia universale e assolutamente geniale, pure nella sua semplicità. Una vera chicca da non lasciarsi assolutamente scappare.

Leggere un libro di Elias Canetti
Dramen di Elias Canetti
La recensione è molto lunga perché copio pari pari dal mio blog:
Hochzeit (Nozze)
L’intero dramma si svolge in una casa, la casa della vecchia Gilz che sua nipote Toni spera di ereditare alla morte della vecchia. In un appartamento di questo palazzo si svolge la festa di nozze di Christa e Michel, a cui sono invitati quasi tutti gli abitanti del condominio e altri conoscenti esterni. Intanto al piano terra la moglie del portiere sta morendo, e il portiere le recita brani dalla Bibbia mentre la figlia, ritardata mentale, se ne va di qua e di là per la casa ridendo. A un certo punto alla festa di matrimonio si decide di fare un gioco: cosa fareste, se ora ci fosse un terremoto e la casa crollasse, per la vostra persona più cara qui presente? E mentre giocano il terremoto arriva davvero e la casa crolla, con grandi crisi di follia da tutte le parti, com’è solito nelle conclusioni canettiane.
Il dramma ruota intorno a vari temi: il possesso, il sesso, l’incomunicabilità. Possesso, perché tutti pensano costantemente chi a ereditare la casa, chi a raderla al suolo per costruire sul terreno di propria proprietà, chi a possedere persone – ed ecco che si viene al secondo e più importante tema, il sesso. Il sesso pervade tutta la pièce, tutti cercano di andare a letto con chiunque durante la festa di nozze: la madre della sposa vuole insegnare a Michel cosa deve fare con Christa, l’ottantenne Bock non ha la puzza sotto il naso e gli vanno bene un po’ tutte, la piccola di casa, la quattordicenne Mariechen, cerca di sedurre lo sposo, e così via. L’incomunicabilità è tema canettiano per eccellenza, per cui come siamo abituati le persone si parlano ma non si ascoltano mai, sembra che chiunque parli soltanto con se stesso e non c’è mai vera comunicazione fra i personaggi.
Leggo il dramma per la seconda volta, la prima in lingua originale, ed è bellissimo ritrovare tutti i topoi canettiani, dalla cosiddetta maschera acustica (un set fisso di frasi ed espressioni che caratterizza ogni personaggio) all’incomunicabilità passando per la follia. Una vera opera d’arte, sebbene non possa certo superare la pièce seguente, la mia amatissima.
Komödie der Eitelkeit (Commedia della vanità)
Come tutti saprete, io adoro profondamente questa commedia, e trovo che sia quanto di meglio sia stato scritto da Canetti insieme ad Auto da fé. Ne parlai già nove anni fa su queste stesse pagine. Non so neanche contare quante volte l’ho letta, e ogni volta, anche dopo tutti questi anni, l’emozione è sempre la stessa della prima volta.
In una città immaginaria che, a causa della lingua usata, si direbbe Vienna (la commedia è scritta per buona parte in dialetto viennese), un fantomatico governo mette al bando tutti gli strumenti della vanità: ritratti, foto, specchi e tutto quanto sia atto a raffigurare le persone. Nella prima parte c’è una grossa festa a cui tutti debbono e vogliono partecipare, dove viene dato fuoco a tutti questi strumenti del demonio e vengono distrutti gli specchi mentre su di essi si riflette l’immagine dei distruttori. Nella seconda parte ci troviamo dieci anni dopo nella stessa città, la gente si ingegna come può per vedersi, per esempio le ragazze si specchiano l’una negli occhi dell’altra, oppure ci sono degli adulatori che vanno in giro ad adulare la gente dicendo loro quanto sono belli e ben fatti. Le autorità propongono misure sempre più drastiche, come cavare gli occhi alla gente, e intanto le persone si ammalano sempre più di una strana “malattia dello specchio” che le rende immobili e perse nel vuoto, quasi morte se non fosse che respirano ancora. Nella terza e ultima parte ci troviamo in un sanatorio, o meglio un bordello degli specchi, dove la gente paga per sedersi di fronte a uno specchio e guardarsi. La commedia termina con una rivolta della gente nel sanatorio, che prende gli specchi in mano ed esce urlando “Io! Io! Io!”.
Le simbologie di questo testo sono innumerevoli, credo nella mia tesi triennale, o forse era in quella specialistica, di aver tirato fuori addirittura Lacan, ma ora non ho nessuna voglia di annoiarvi con questo, visto che come mi si è detto le mie recensioni sono diventate più terra terra e tali vorrei che rimanessero. Basti dire che naturalmente è un testo infarcito di psicologia e psicanalisi, la tematica dell’io, dell’identità e perdita di identità è fortissima. Ma la cosa forse ancora più interessante è che questo testo fu scritto nel 1933, all’ombra dei roghi dei libri messi in atto dai nazisti, che impressionarono molto Canetti in quanto ebreo e in quanto uomo di cultura. Il rogo che troviamo nella prima parte rispecchia infatti quei roghi del ’33, è altrettanto pieno di esaltati e nasce da una simile ideologia repressiva e dittatoriale. La scena che più mi rimane impressa ogni volta che leggo la commedia è quella in cui Therese Kreiss comincia a correre verso il fuoco gridando “Ich bin eine Sau! Ich bin eine Sau!” (Sau è la femmina del maiale, giusto per intenderci).
Anche qui troviamo, forse ancora più forti e meglio sviluppati che in Nozze, le maschere acustiche e il tema dell’incomunicabilità. Qui ogni personaggio ha almeno una frase o dei modi dire che lo caratterizzano, e davvero nessuno ascolta l’altro, tanto che pare quasi più vano questo continuo parlarsi addosso che il vero e proprio volersi specchiare.
In definitiva, io penso che questo testo sia uno dei massimi capolavori della letteratura mondiale, e no, non sto esagerando per niente.
Die Befristeten (Vite a scadenza)
La terza e ultima opera che compone questa raccolta di teatro canettiano è l’unica che non avessi ancora letto, sebbene sapessi di cosa parlava.
Siamo in un mondo futuro, come sempre non ben definito, stavolta neppure dalla lingua perché il testo è scritto in tedesco standard. In questa società le persone non hanno nomi propri ma numero al loro posto, per cui si chiamano ad esempio Cinquanta, Ventotto e così via. Questo numero rappresenta l’età in cui moriranno e viene assegnato alla nascita, insieme a una piccola capsula da portare al collo e da cui è vietato separarsi. La capsula verrà aperta dal capsulano al momento della morte della persona: solo lui ha il diritto di vedere il suo interno, in cui sono contenute la data di nascita e quella di morte del legittimo proprietario. Nessuno mette in discussione l’ordine costituito, finché arriva Cinquanta, che non crede al momento: è così chiamato il momento per eccellenza, quello in cui la persona è destinata a morire – quel momento e non un altro. Infine scopriremo che Cinquanta non sa bene quanti anni abbia, e nessun altro può saperlo perché l’età corrente della persona è un segreto, e quindi è l’unica persona in questa società a non sapere quando sarà il momento della sua morte. Questo lo spinge alla ribellione, così che finirà per rompere e aprire delle capsule, scoprendo così che le capsule sono vuote e niente è certo! Il finale di questa pièce mi è sembrato piuttosto oscuro e non scritto proprio magistralmente, ma comunque come al solito tutto finisce in ribellione e follia collettiva.
Il tema qui è eminentemente filosofico, perché di nient’altro si parla che di libero arbitrio, di destino, di fatalità e fato. In un certo senso potremmo dunque dire che questa sia una commedia a tema religioso, in quanto la società che qui viene rappresentata si configura come altamente fideistica, poiché crede ciecamente a una verità data per assoluta e rappresentata dal capsulano, che ha vesti quasi sacerdotali. Cinquanta rappresenta per così dire l’ateo, il miscredente, colui che non può e non vuole credere alla verità rivelata, il ribelle.
Anche questa commedia, più tarda, è molto bella, ma manca secondo me dell’aura di capolavoro che circonda le due opere teatrali precedenti.
*
Il lettore italiano che volesse affrontare il teatro di Canetti dovrebbe essere ben motivato. Nel post di nove anni fa che citavo sopra parlavo di una prossima pubblicazione delle opere teatrali da parte della casa editrice Adelphi, ma a quanto ne so questa pubblicazione in tutti questi anni non è mai avvenuta – mentre se mi sbaglio e volete smentirmi sono la donna più felice del mondo. Credo negli anni Settanta, Einaudi aveva pubblicato la raccolta delle opere teatrali, che io trovai in una biblioteca di non ricordo dove, ma è rarissima e comunque fuori catalogo, quindi sta solo nelle biblioteche ben fornite.
Il lettore germanofono non cerchi la mia edizione Fischer perché è anch’essa fuori catalogo, ma esiste una più recente edizione Hanser. Che ve lo dico a fare, il teatro di Canetti è misconosciuto pure in patria (patria? quale patria? ma questa è un’altra storia…).

(Giuseppe) leggere un libro ove le iniziali dell'autore corrispondano alle iniziali delle province italiane (es. Agrigento - AG andrà bene Alessia Gazzola)
Consigli a un giovane scrittore
Sono contenta di aver letto questo saggio che tocca molti aspetti delle arti comunicative scritte (e/o interpretate).
Mi ha fatto piacere leggerlo perché adesso credo che riuscirò ad essere un pochino più critica con la lettura, ma, soprattutto con la visione dei film. Mi ha dato alcune "dritte" sulla composizione (in generale) che forse avrei gradito ricevere già alle superiori.
Purtroppo ho difficoltà a commentare oltre un saggio di questo tipo, ma resta il fatto che è molto interessante e credo che lo farò leggere a mia nipote (sedici anni, a cui piace scrivere, e che forse potrebbe trovare molto utile questa piccola "guida" alla scrittura).

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